Addio piccole lune

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    Gaia: 3° pianeta del Sistema Solare

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    Addio piccole lune
    di Giovanna Dall’Ongaro

    Scomparse le piccole lune di Giove. Nelle immagini inviate dalla sonda New Horizons della Nasa, che dal febbraio 2007 monitora il pianeta gigante, non c’è traccia di satelliti dalle ridotte dimensioni: Adrastea, 16 chilometri di diametro, è la più piccola presenza registrata. Gli scienziati impegnati nella missione spaziale dal gennaio 2006 (Verso Plutone e oltre) si aspettavano tutt’altro scenario. Erano infatti pronti ad allungare la lista dei piccoli oggetti celesti in orbita intorno a Giove, così come avevano fatto per Saturno. Del resto le sofisticate telecamere della sonda, che hanno scattato spettacolari fotografie del pianeta (Un Giove mai visto prima), sono in grado di catturare immagini di corpi anche del diametro di un chilometro. Ma niente del genere è stato osservato.

    Che fine hanno fatto quei satelliti minori? Forse si sono disintegrati sotto una pioggia costante di micrometeoriti dal diametro di un granello di sabbia, suggeriscono gli astrofisici del Seti Instiute, che non esitano però a definire questa scomparsa un mistero. Un fenomeno del genere potrebbe avere eroso completamente le piccole lune, e avere intaccato solo di poco le più grandi. Ma come mai alle lune di Saturno non è toccata una sorte analoga? Anche in questo caso gli scienziati del Seti non si spingono oltre il condizionale: potrebbe dipendere dalla maggiore forza di gravità esercitata da Giove che fagocita qualunque piccolo residuo celeste.

    La notizia giunta in questi giorni dalla New Horizons, in un certo modo, ha spiazzato anche noi di Galileo. Negli anni ci eravamo, infatti, abituati ad aggiornare, di volta in volta, il conteggio delle lune gioviane con l’aggiunta di nuovi esemplari. Perché la caccia al satellite, scatenata negli ultimi tempi dalle varie agenzie spaziali, si chiudeva periodicamente con un nuovo trofeo (L’acchiappa-satelliti). Così se nel 2002 la scoperta di 11 lune portava il totale a quota 39 (Sono 39 le lune di Giove), già l’anno successivo gli oggetti in orbita salivano a 46 (Altre lune per Giove). Ora, alla luce dei nuovi eventi, dobbiamo dire addio alla maggior parte delle antiche new entry, visto che le dimensioni registrate all’epoca della scoperta non superavano i sei chilometri di diametro. Cancellati dalla lista quindi S/2003J1 e S/2003J6, i due piccoli satelliti avvistati con i telescopi dalla Hawaii nel 2003 che presentavano un’interessante anomalia: procedevano infatti, a differenza di quasi tutti gli altri satelliti che si muovono di moto retrogrado, nello stessa direzione dell’orbita del pianeta.

    Tutti gli altri satelliti, da Adrastea in su, restano invece vivi e vegeti. Può essere utile quindi riassumere, servendoci dell’archivio di Galileo, le informazioni che abbiamo su di loro, cominciando da Europa, uno degli obiettivi principali del programma Aurora dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa) (Alla conquista dell’Universo). E’ la presenza di acqua sotto la sua superficie ghiacciata il dato principale emerso da quasi trent’anni di osservazione (Europa nasconde un oceano). I primi sospetti vennero già nel 1979 dalle immagini della sonda Voyager in cui erano visibili grosse crepe che attraversavano grandi distese di ghiaccio. Non poteva trattarsi di formazioni montuose perché la superficie di Europa risultava straordinariamente piatta. Quelle fessure, invece, immortalate in seguito dalla sonda Galileo (Il mare sommerso di Europa e Callisto), potevano avere solo una spiegazione: la presenza di un enorme oceano ad una profondità di circa 96 chilometri dalla superficie, capace forse di ospitare anche forme di vita (Europa, da lontano somiglia alla Terra). Le maree dovute alle pressioni gravitazionali esercitate da Giove e dai satelliti vicini, Io e Ganimede, provocherebbero infatti il sollevamento della massa d’acqua sommersa con la conseguente incrinatura della crosta di ghiaccio.

    Gli studiosi del Mit registrarono la formazione di nuove crepe al ritmo di una ogni trenta secondi. Una superficie in continuo movimento, quindi, come confermato dalla continua formazione di bolle di ghiaccio più caldo del diametro di circa dieci chilometri che portano alla luce materiali delle zone più profonde della crosta (Le lentiggini di Europa).

    Un miliardo di anni fa anche su Ganimede, la luna più grande del Sistema Solare, c’era dell’acqua (L’acqua di Ganimede), mentre sappiamo che attualmente la sua atmosfera è ricca di ossigeno allo stato gassoso (C’è ossigeno su Ganimede). Di tracce di vita però nemmeno l’ombra. L’acqua sarebbe stata portata in superficie da un’eruzione vulcanica, mentre l’ossigeno avrebbe avuto origine dalla rottura delle molecole di acqua ghiacciata provocata da una pioggia di particelle.

    Il vulcanismo ebbe un ruolo fondamentale nel disegnare l’aspetto dei corpi celesti. E’ stato dimostrato infatti (Crateri per rimbalzo) che Ganimede ed Europa devono i loro avvallamenti superficiali non all’impatto di comete o asteroidi (come precedentemente si era creduto), ma alla ricaduta di materiale espulso dai loro vulcani, che da tempo non sono più attivi.

    Mentre fuma ancora la superficie di Io, come registrato anche di recente dalle telecamere della New Horizons. La colonna di fumo alta 300 chilometri fotografata dalla sonda della Nasa non ha fatto che confermare le informazioni raccolte in precedenza (Il vulcano errante di Io, Un nuovo vulcano su Io) che dimostravano la presenza di un vulcano attivo nella parte settentrionale del satellite.

    Altre notizie, di cui ci siamo occupati, hanno riguardato l’esistenza di uno strato molto sottile di anidride carbonica nell’atmosfera di Callisto (Atmosfera a termine per Callisto), destinata però a dissolversi, la più lontana delle quattro lune di Giove, e la scarsa densità di Amaltea uno dei satelliti minori e più interni (Amaltea, luna groviera). Quest’ultima scoperta mise in crisi una delle teorie sull’origine delle lune, secondo la quale i satelliti più vicini al pianeta dovrebbero essere anche i più densi. La storia di Giove e delle sue lune, appare chiaro sin dalle prime scoperte, sembra destinata a subire continui cambiamenti.

    (fonte: http://www.galileonet.it )
     
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