BARCHE SOLARI, ISOLE VOLANTI E STARGATE

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    BIOLOGO TEORETICO

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    Gaia: 3° pianeta del Sistema Solare

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    di Daniela Bortoluzzi
    per Edicolaweb


    Fin da epoche così remote che se ne è perduta memoria, la Terra è stata visitata continuamente da esseri provenienti da altri pianeti e mondi dell'universo multidimensionale.

    I loro mezzi di trasporto, visti, dipinti, descritti e raccontati per millenni, ostinatamente rinnegati dalla "moderna" scienza ufficiale, verso la metà del secolo appena finito (da quando, cioè, sono stati finalmente anche fotografati e filmati), sono stati etichettati "semplicisticamente" con il termine U.F.O. Probabilmente una sigla, questa, che doveva essere "provvisoria", ma che si è invece fissata indissolubilmente su tali "fenomeni".
    La Terra è piena di reperti antichi che provano l’esistenza di questi mezzi di trasporto, che gli antichi consideravano "Barche Solari" e di racconti mitici dei loro passeggeri, che furono scambiati per Dèi. In varie zone del pianeta esistono modellini e figurine che dimostrano l’intenzione d’immortalare questi viaggiatori e le loro "navi" spaziali, che potevano essere "uccelli", "serpenti", "sigari", "caldaie", "scudi", "vimana" o "dischi" volanti, secondo il tempo e il luogo di avvistamento. In alcuni casi, come per l’antico Egitto, le barche solari diventarono simbolicamente il mezzo di trasporto verso l’aldilà, in una realtà confusa con il mito.
    Questi fenomeni del passato continuano a costituire una serie molto più lunga e complessa di quello che la gente comunemente vuole ammettere.
    Prestando una certa attenzione alle statistiche, ci accorgiamo che l'epoca compresa tra i 10.000 e i 13.000 anni fa, fu molto feconda in quanto a contatti extraterrestri. Questo sarà evidente dalla breve relazione di questo articolo, che investigherà su questo specifico lasso di tempo; non si tratta di uno studio completo né d’una ricerca molto ampia, che avrebbero richiesto molti più dati e relative prove. Ritengo tuttavia che qualunque lettore interessato a investigare per conto proprio potrà considerarlo un semplice ma valido punto di riflessione per mettere a fuoco il tema degli Ufo.

    Che la lastra sepolcrale di Palenque (Yucatan) costituisca la rappresentazione di un'astronave, credo sinceramente sia oramai di dominio universale e non mi sembra necessario soffermarmi su questo punto, già oggetto di molti articoli e libri.
    Da Palenque a Tiahuanaco, uno dei siti dove l’influenza extraterrestre nell'Antichità è maggiormente evidente nella famosa "Porta del Sole", che il fisico russo Alexander Kazatsev, direttore della sezione razzi all'Istituto Astronautico di Mosca identificò come calendario di Venere.
    Le leggende che collegano le rovine di Tiahuanaco con il popolo Kon-Tiki Viracocha, sono molto intriganti e lo sono anche quelle relative ai "Figli del Sole". Tradizioni andine riferiscono, infatti, che migliaia d’anni fa un'imbarcazione spaziale dorata, più brillante del Sole, andò a posarsi vicino al lago Titicaca.
    Erich von Daniken descrive una mirata missione spaziale con la quale gli extraterrestri sarebbero venuti sul nostro pianeta: Oriana, venuta apposta a bordo dell’astronave, si sarebbe dovuta trasformare in "madre" della Terra e, infatti, generò 70 figli "terrestri" prima di ripartire con l’astronave e fare nuovamente rotta verso il pianeta d’origine.
    È evidente il parallelismo con i racconti "mitologici" sumeri - incisi in caratteri cuneiformi su tavolette d’argilla e tradotti dal prof. Zecharia Sitchin - in cui ci sono indizi molto chiari di un antichissimo incrocio di ominidi terrestri con una razza aliena. I numerosi libri pubblicati da Sitchin, basati su queste traduzioni e sulle raffigurazioni di molti reperti, sono una validissima testimonianza di questa tecnologia genetica.
    Gli stessi indizi si trovano anche nella Bibbia e precisamente nel primo libro di Mosè: la Genesi, laddove gli Elohim decisero di fare l’uomo a loro "immagine e somiglianza" e nei testi di Qumram specificatamente nel rotolo di Lamech, il padre di Noé.
    Si potrebbe parlare all’infinito di Tiahuanaco, ma va fatto solo notare che H.S. Bellamy (1) ritiene che il calendario di Tiahuanaco sia il più antico della Terra: si calcola, infatti, che la Porta del Sole sia stata costruita circa 12.000 anni fa. Questa data viene confermata anche dal tiahuanacologo Posnanski, secondo il quale si tratta d’un manufatto di almeno 10.000/12.000 anni fa.
    Louis Pauwels e Jaques Bergier, autori del famoso libro "Morning o the Magicians" (2), parlando dell'altopiano della Bolivia e del Perù, affermano a loro volta che gli esami al radiocarbonio rivelano la presenza umana "almeno" novemila anni fa. Recenti investigazioni, inoltre, inducono addirittura a ritenere che in quell’area gli uomini vivessero già 30.000 anni fa.
    Nel libro "Erinnerungen an die Zukunft" (3) si legge che nell’altopiano peruviano di Marcahuasi (circa 4.000 metri d’altezza) sono state scoperte rocce raffiguranti figure di animali che 10.000 anni fa non esistevano in Sud America. Ne aveva già parlato negli anni ‘50 l'esploratore Robert Charroux, convinto sostenitore dell'esistenza di Atlantide e degli UFO; fu lui a fornire alla stampa le prime fotografie del sito archeologico e fece sì che il prof. Daniel Ruzo decidesse di stabilirvisi per nove anni onde poter studiare per primo la zona. Egli scoprì, infatti, tra le altre, una roccia-scultura raffigurante un leone africano.
    Oggi questo sito è diventato famoso (anche se la scienza ortodossa fa finta che non esista, di fatto ignorandolo) per quella serie di sculture rupestri, la cui tecnica di "lavorazione" è tuttora sconosciuta e che rendono molto enigmatica la zona. Oltre alle sagome di teste umane e di animali, si distinguono mura ciclopiche con pietre a incastro come quelle di Cuzco e di Sacsayuaman e resti di antiche strade a gradini.
    L’esploratore italiano Marco Zagni, famoso per il suo impegno nel riportare alla luce siti "proibiti" (come i resti della mitica città di Manoa, nel cuore della foresta amazzonica (4)), è impegnato da diversi anni nel tentativo di dimostrare l’esistenza di ben dodici piramidi dislocate in doppia fila (rilevate dai satelliti, la cui esistenza viene negata dalla scienza ufficiale) nell’Amazzonia peruviana. Si tratta delle piramidi legate alla "leggenda" del Regno del Gran Paititì (o El Dorado) nell'area di Pantiacolla. Purtroppo, ogni volta che Zagni riesce a trovare uno sponsor per finanziare questo progetto, succede "qualcosa" che "provvidenzialmente" blocca le ricerche.
    Quando Zagni si trovò a esaminare per suo conto l’altipiano andino di Marcahuasi, rimase colpito in modo particolare dalla sagoma rocciosa del leone. Dopo essersi chiesto cosa ci facesse un leone della Savana sulle Ande, constatò con la bussola che, mentre il corpo del leone seguiva un’asse nord-sud, il muso guardava il sorgere del Sole a est. Un’analogia con la Piana di Giza... ma sulle Ande!
    Evidentemente, in epoca antichissima, una civiltà in grado di eseguire opere colossali con tecniche oggi sconosciute, sistemava in vari punti del pianeta costruzioni e indicatori cosmici di grandi dimensioni "anche" per poter essere individuati dall’alto.
    Lo stesso prof. Ruzo aveva dichiarato che i manufatti della Piana di Marcahuasi risalivano all'ultima epoca glaciale.

    Da qualche tempo gli ufologi peruviani (e non solo) s’interrogano sulla natura di un’enigmatica struttura vicino al Lago Titicaca le cui caratteristiche, assolutamente uniche, fanno pensare a un inquietante manufatto di epoca remota.
    È interessante osservare che la struttura assomiglia notevolmente alla "Porta del Sole" di Tiahuanaco e ad altri cinque siti archeologici che, collegati uno all’altro da linee rette immaginarie formano una croce sull'altopiano e sul Lago Titicaca. Tutto l’insieme fa pensare a una data: 10.500 a.C.
    I notiziari regionali degli ultimi venticinque anni hanno indicato l'attività di numerosi UFO di grandi dimensioni in tutte queste aree, specialmente quella del Lago Titicaca. La maggior parte dei rapporti descrivono oggetti a forma di sfere blu infuocate e dischi bianchi luminosi.
    L’enorme quanto misteriosa struttura scoperta a Hayu Marca (in lingua aymara significa letteralmente: "Città degli Dèi") si trova a 35 km dalla città di Puno, nel Perù Meridionale. Il sito, chiamato dagli indios "Città degli Dèi, non è stato ancora esplorato del tutto per via del terreno impervio, ma sono state individuate alcune formazioni che sembrano edifici o comunque muri o costruzioni artificiali. E benché nella zona non sia mai stata scoperta alcuna città, tutto l’insieme farebbe pensare al retaggio d’una civiltà remota.
    La "Puerta de Hayu Marca" (Porta della Città degli Dèi) è intagliata su una facciata naturale di pietra e misura esattamente sette metri d’altezza per sette di larghezza con un incavo, una sorta d’alcova rettangolare più piccola situata alla base della parte centrale, che misura poco meno di due metri d’altezza.
    Jose Luis Delgado Mamani, una guida locale, un giorno inciampò casualmente sulla struttura mentre stava esplorando alcuni sentieri della zona per impratichirsi su qualche nuovo percorso dove accompagnare i turisti a fare trekking.

    "Quando vidi la struttura per la prima volta, quasi svenni... - disse Mamani in un'intervista con la stampa locale - Ho sognato questa costruzione ripetutamente nel corso degli anni, ma nel sogno il percorso verso la porta era pavimentato con marmo rosa e c’erano statue di marmo rosa che fiancheggiavano entrambi i lati del percorso. Nel sogno, vedevo anche che la porta più piccola era aperta e c'era una luce blu e brillante che veniva da quello che sembrava un tunnel luminoso. Ho descritto molte volte alla mia famiglia questi sogni e così, quando finalmente ho guardato fisso sulla via d'accesso, è stata come una rivelazione di Dio... Come si fa a spiegarsi un avvenimento tanto strano?"

    Dopo avere scoperto la "porta", Mamani contattò immediatamente le autorità archeologiche di Puno, La Paz e Lima e in breve tempo l'area fu letteralmente assediata da archeologi e storici Inca.
    Secondo una leggenda che racconta d’un "Ingresso della terra degli dèi", gli eroi del passato s’erano ricongiunti con i loro "grandi e alti" dèi, passando attraverso un portale che li aveva condotti verso una vita nuova e immortale e solo di rado ritornavano, insieme agli dèi, per "ispezionare tutte le terre del regno" attraverso il portale.

    Un'altra leggenda racconta di quando i "Conquistadores" spagnoli arrivarono in Perù e saccheggiarono oro e pietre preziose dalle tribù Inca. Un sacerdote inca del "Tempio dei sette raggi" di nome Aramu Maru fuggì dal tempio col sacro disco d’oro noto come "La chiave dei sette raggi" e lo nascose nelle montagne di Hayu Marca. Si dice che attraversò la via d'accesso controllata dagli shamani e che, dopo aver mostrato loro la chiave degli dèi, insieme fecero un rituale magico. Grazie al disco d’oro, si aprì il portale e, sempre secondo la leggenda, una forte luce blu emanò da un corridoio. Il sacerdote Aramu Maru consegnò il disco d’oro in mano allo shamano e poi passò "attraverso il portale senza essere mai più visto".
    La leggenda si conclude con una profezia: la porta dei dèi un giorno si aprirà "molte volte più grande di come si vede adesso" e permetterà agli dèi di ritornare nelle loro "navi solari".
    Alcuni ricercatori hanno osservato la piccola depressione circolare della grandezza d’una mano, sul lato destro della piccola "entrata" e hanno ipotizzato che un piccolo disco potrebbe essere messo e trattenuto dalla pietra, proprio in questo punto.
    Secondo alcune persone che hanno posato le mani sulla "porta", si avverte una strana energia e si possono avere visioni di stelle e di colonne di fuoco; qualcuno ha anche riferito d’aver udito della musica molto insolita, altri hanno detto d’aver "percepito" l’esistenza d’un tunnel all'interno della struttura, anche se non è stata ancora individuata alcuna apertura o un qualche tipo di passaggio.
    L'opinione scientifica, naturalmente, è che non ci sia nessuna porta e che la cornice, l'entrata e il retro dell'alcova siano tutti ricavati dal blocco intero di pietra.

    In Africa va considerato il "cosmonauta" del Sahara nel Tassili-n-Ajjer, nell’altopiano conosciuto come "Jabbaren", che in lingua tuareg significa "I Giganti".
    Fu il francese Lothe a scoprire le misteriose pitture rupestri risalenti a 8.000/10.000 anni fa, alcune delle quali rappresentano esseri giganteschi somiglianti in modo straordinario ad altrettanti cosmonauti con gli scafandri. Il maggiore misura sei metri d’altezza. Si tratta di una figura senza estremità inferiori che Lothe battezzò col nome di "Grande Dio Marziano". Gli stessi 8.000/10.000 anni furono indicati anche da Eugenio Danyans in un suo libro (5). La cosa che appare evidente è la grande bravura degli artisti preistorici i quali, essendo stati evidentemente in grado di rappresentare i loro soggetti, non lasciano spazio a equivoci nel raffigurare una serie di individui "diversi" da loro.

    Seguendo il meridiano 35, leggermente più a est di Gerusalemme, troviamo Gerico. Non solo l'attuale, bensì quella che maggiormente ci interessa, ossia quella preistorica, con la torre più antica del mondo, costruita circa 10.000 anni fa. Anche Daniken si documenta su Gerico, apportando la stessa data e sottolineando la presenza di alcuni pezzi modellati in gesso (quando, secondo lui, questo paese non conosceva la terracotta) e anche una serie di case rotonde, con muri uniti nella parte superiore a mo’ di cupola. Afferma che mediante il C-14 si è potuto stabilire un'antichità di 10.400 anni e che questi dati coincidono con quelli dei sacerdoti egiziani, che dicevano che i loro antenati avevano esercitato il ruolo sacerdotale oltre 11.000 anni fa.
    Erodoto, nel secondo libro delle "Storie", riferisce che i sacerdoti di Tebe gli avevano mostrato 341 statue colossali, ognuna delle quali rappresentava una generazione di sacerdoti per 11.340 anni e che prima di queste 341 generazioni, gli dei abitavano tra gli uomini, e che durante questi 11.340 anni, cioè durante le 341 generazioni rappresentate dalle statue, non era tornato a vivere con loro nessun dio con aspetto umano.

    Lo scrittore scientifico Manuel Agrest, professore di Fisica e Matematica all'Accademia di Scienze di Mosca, pubblicò (6) un interessante studio sulla visita degli extraterrestri nel passato. Agrest affermò che la Terra fu visitata casualmente circa 10.000 anni fa da visitatori provenienti dalle stelle e citò le conoscenze scientifiche degli antichi, come per esempio i Sumeri che conoscevano i due satelliti di Marte, ufficialmente sconosciuti fino al 1.877 quando furono scoperti da Asaph Hall. Agrest citò anche Jonathan Swift (7) nel suo "Viaggio a Laputa", fornendo i parametri dei due satelliti con sorprendente esattezza e citando la fonte della sua informazione: i marinai di un'isola volante di propulsione magnetica.

    Nella regione del Tepe Asiab (8) sono state scoperte tombe, figure e attrezzi di 13.000 anni fa.
    A Baalbek, nelle montagne del Libano, sono visibili gigantesche terrazze costruite con monoliti ciclopici che la moderna tecnologia non riuscirebbe a spostare. Il peso massimo che si può sollevare con una gru, infatti, è il trasportatore spaziale Discovery, che pesa 150 tonnellate, dieci volte meno di uno dei tre megaliti del sito di Baalbek (1.200 tonnellate l’uno). Oltre a questi tre megaliti "impossibili", ce ne sono moltissimi altri di dimensioni minori (500 tonnellate l’uno), che superano in ogni caso di gran lunga il peso del Discovery.
    Non ci vuole molta fantasia a dedurre che queste terrazze sono un monumento lasciato dal passaggio degli extraterrestri, come piste di decollo o di atterraggio, paragonabili alle piste di Nazca, in Perù.
    Com’è possibile che tribù di pastori di dieci o anche quindicimila anni fa. maneggiassero conoscenze astronomiche prodigiose? Enoch, Ezechiele, Elia, furono degli "addotti" e le loro esperienze sono talmente evidenti nei racconti (e nel caso di Ezechiele anche nelle tracce sul terreno), che c’è da rimanere allibiti davanti l’indifferenza della scienza ufficiale.
    Com’è possibile che il Popul Vhu, libro sacro dei Quichés, parli di una civiltà infinitamente antica che conosceva le nebulose e tutto il Sistema Solare, i quattro angoli dell'orizzonte, i quattro punti dell'arco del cielo e il viso "rotondo" della Terra?
    Com’è possibile che, paragonando le mappe di Piri Reis con fotografie della Terra prese dai satelliti, si scopra che gli originali di quelle mappe erano stati "presi" da una considerevole altezza, sulla verticale del Cairo (9), sito delle famose piramidi?
    Daniken fornisce anche una data, in un articolo apparso sul settimanale tedesco Stern: "Le mappe di Piri Reis riproducono isole del Mediterraneo che esisterono 10.000 anni fa. Oggi sono a 180 metri di profondità".

    Il fatto che siamo "figli delle stelle" non dovrebbe essere una verità così terribilmente sconvolgente, ma evidentemente lo è!
    Poterlo dimostrare scatenerebbe un potente uragano nella "calma piatta" che tanto aggrada ai detentori del potere mondiale...

    Note:
    1. Famoso archeologo e atlantologo, autore di: "Built before the flood - The problem of Tiahuanaco".
    2. "Il ritorno degli Stregoni".
    3. Erich von Däniken.
    4. A nord del Brasile. Questa scoperta è stata possibile dopo aver individuato il letto secco del Lago Parime.
    5. "Ovnis: enigma del espacio".
    6. "Literaturnaja Gazeta", febbraio 1960.
    7. Famoso scrittore irlandese, autore tra l’altro de "I viaggi di Gulliver".
    8. Altopiano Iraniano considerato il più antico come testimonianza della pastorizia.
    9. Tesi documentata e provata da Charles H. Hapgood e dal matematico Richard W. Strachan.

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