LE PIRAMIDI DI GIZA COME MISURATORE PRECESSIONALE DELLE EPOCHE

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    BIOLOGO TEORETICO

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    Gaia: 3° pianeta del Sistema Solare

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    di Giuseppe Badalucco
    per Edicolaweb

    LA TEORIA DELLA CORRELAZIONE STELLARE CON ORIONE
    Tra gli studiosi contemporanei che hanno tratto un valido insegnamento dagli studi realizzati sulle caratteristiche astronomiche dei monumenti di Giza possiamo annoverare l’agguerrito gruppo degli indipendenti, tra cui Jonh Anthony West, Graham Hancock, Adrian Gilbert, Robert Bauval che hanno avuto il merito di approfondire gli studi su questo filone con ottimi risultati.
    In particolare Robert Bauval, laureato in Ingegneria e autore di numerosi progetti in campo edilizio, cominciò, a partire dagli anni '80 del secolo scorso, per motivi legati alla propria passione personale per l’Egitto, in cui visse anche per qualche tempo, ad interessarsi alle caratteristiche astronomiche delle piramidi di Giza.
    Da ciò ne scaturì uno studio approfondito che Bauval intraprese sulla base delle conoscenze astronomiche e dei dati forniti dagli studi realizzati sulle piramidi di cui abbiamo sopra accennato; quindi tenendo conto della lezione di Zaba, Badawy e Trimble, partendo dal presupposto, ormai noto che i condotti interni della piramide di Cheope, uscenti dalla Camera del Re, puntassero verso la costellazione di Orione e verso le stelle circumpolari all’epoca approssimativa del 2600 a.C.
    In circa dieci anni di ricerche Bauval è riuscito a dimostrare che non solo la struttura interna della piramide presenta marcate caratteristiche astronomiche, con gli allineamenti dei condotti interni, ma si è spinto fino al punto di ipotizzare che esistesse un allineamento astronomico perfetto fra le tre piramidi della piana di Giza e le tre stelle della cintura di Orione (Al Nitak, Al Nilam, Mintaka).
    A ciò si può aggiungere l'ipotesi di Bauval che l’intero complesso monumentale di Giza facesse parte di un più vasto e complesso progetto architettonico volto a raffigurare l’immagine di Orione in cui erano coinvolte anche la piramide di Zawyat-al-Aryan e la piramide di Nebka ad Abu Rawash e, successivamente, delle Iadi nella costellazione del Toro.
    Questo attraverso la costruzione di monumenti megalitici che segnassero l’epoca astronomica in cui vennero costruiti o a cui fare riferimento; progetto che probabilmente fallì poiché per motivi tecnici e storici non sarebbe stato realizzabile da una singola dinastia, ma avrebbe richiesto lo sforzo congiunto di più dinastie e quindi avrebbe abbracciato un arco temporale di centinaia di anni.
    Considerando il fatto che dopo la IV e V dinastia si verificarono una serie di mutamenti di natura storico-sociale e politica, che determinarono anche un tracollo delle capacità tecnologiche della civiltà del Nilo, questo progetto non sarebbe stato portato a termine.
    Le prove addotte da Bauval riguardano essenzialmente l’astronomia precessionale, nel senso che i calcoli astronomici effettuati da lui in collaborazione con studiosi di astronomia hanno confermato la possibilità di allineamenti astronomici tra le piramidi di Giza e la costellazione di Orione in determinate epoche in cui la configurazione del cielo di Giza permetteva questo tipo di allineamento.
    Fondamentalmente Bauval ha elaborato la sua teoria operando su quattro livelli:
    l’analisi dell’allineamento astronomico dei condotti interni uscenti dalla Camera del Re e della Regina sulla base delle misurazioni più recenti;
    lo studio e l’analisi fotografica della correlazione esistente tra la forma della cintura di Orione e il piano architettonico di Giza;
    l’analisi interpretativa delle Antiche Scritture egizie dei Testi delle piramidi sulla base delle traduzioni più recenti, in cui vi sono precisi riferimenti ai riti della religione stellare dell’Antico Regno;
    lo studio e l’analisi delle misurazioni precessionali che permettono di correlare le piramidi di Giza all’intero ciclo precessionale.
    Vediamo dettagliatamente questi quattro punti:
    Partendo dai dati relativi alle misurazioni delle inclinazioni dei condotti interni della piramide di Cheope, forniti dalle analisi di Flinders Petrie e ripresi da Badawy e Virginia Trimble, Bauval capì che potevano esserci delle incongruenze o che addirittura le misurazioni più "antiche" potessero non essere precise al secondo. Essendo in atto uno studio dei condotti interni delle piramidi da parte dell’Ing. Rudolf Gantenbrink, Bauval preferì chiedere le misurazioni direttamente a Gantenbrink. I risultati dell’indagine, condotta da Gantenbrink nel 1993, furono degni di nota poiché si scoprì che l’inclinazione del condotto meridionale della Camera del Re era di 45° e non 44° 30’ come calcolato da Petrie. Dal punto di vista delle caratteristiche e degli allineamenti astronomici della Grande piramide questa scoperta era molto importante poiché una differente pendenza dei condotti comporta una diversa epoca in cui il condotto è risultato allineato alla costellazione di riferimento, in questo caso quella di Orione. I risultati per il condotto meridionale della Camera del Re permisero di datare la presumibile costruzione o predisposizione del condotto intorno al 2475 a.C., con uno scarto di una decina di anni, contro l’epoca approssimativa del 2600 a.C. calcolato da Badawy e la Trimble. Per gli altri condotti, cioè quello settentrionale della Camera del Re, puntato verso la stella polare e quello meridionale della Camera della Regina, di cui si scoprì l’orientamento verso la stella Sirio, si ottennero delle datazioni rispettivamente pari al 2425 a.C. e 2400 a.C. circa (per un’inclinazione rispettivamente di 32° 28’ e 39° 30’), contro il 2600 di Badawy e Trimble. Questi ultimi, tra l’altro, non effettuarono ricerche sui condotti della Camera della Regina credendo che fosse stata abbandonata durante la costruzione del complesso monumentale. La prima conclusione, che possiamo definire intermedia, a cui Bauval giunse dopo questa scoperta è che la datazione delle piramidi di Giza, o almeno della Grande piramide, possa risalire intorno a quell’epoca (cioè 2475-2450 a.C.), cioè decisamente una datazione più recente rispetto ai calcoli di Badawy.
    Bauval giunse ad intuire fin da subito nel compimento delle sue ricerche che esisteva un collegamento fra le piramidi di Giza e la costellazione di Orione. Nel corso delle sue ricerche Bauval cominciò ad impiegare le tecniche di analisi proprie dell’architettura e dell’ingegneria moderna, studiando i rilievi topografici della piana di Giza, la predisposizione del piano architettonico generale, la disposizione delle piramidi rispetto al piano di costruzione ideale analizzando la linea diagonale su cui si estendevano le antiche architetture sacre e qui fece la prima importante scoperta. Ebbe, infatti, modo di verificare che la piramide di Micerino (Menkaura) non seguiva la diagonale ideale in direzione sud-ovest su cui invece sono disposte le prime due (quella di Cheope e quella di Chefren) e si concentrò sul significato di questo preciso piano architettonico. Dopo aver attentamente osservato il cielo notturno nella zona del Cairo Bauval capì, in circostanze che si possono definire fortuite, che la disposizione delle tre piramidi di Giza appariva come la proiezione sulla Terra della configurazione della cintura di Orione, in cui le due stelle di intensità apparente maggiore (Al Nilam e Al Nitak) appaiono posizionate su una diagonale ideale in direzione sud-ovest mentre Mintaka appare leggermente decentrata verso est rispetto alla diagonale sud-ovest. L’effetto visivo che si nota dall’analisi comparata di una fotografia aerea oppure di una mappa topografica della piana di Giza con una fotografia della cintura di Orione è quello della perfetta corrispondenza, come di una proiezione cartografica di quella costellazione. L’ulteriore analisi della topografia degli altri siti su cui si trovano piramidi della V dinastia confermò l’ipotesi di Bauval dell’esistenza di un piano architettonico generale volto a rappresentare nella piana di Giza, che si estende ad est del Nilo, una proiezione dell’immagine della costellazione di Orione; progetto che non fu portato a compimento integralmente per circostanze legate allo sviluppo politico-sociale della storia egizia antica.
    Un ulteriore livello su cui si adoperò Bauval fu quello dell’analisi dei Testi delle piramidi, incisi sulle pareti interne delle piramidi di Saqqara. Questi testi, che sono il più antico corpus di inni liturgici e invocazioni al Dio Osiride e a suo figlio Horus (e il più antico in assoluto mai scoperto), risalgono presumibilmente almeno all’epoca delle piramidi (circa 2300 a.C.), ma si basano su originali più antichi. La maggior parte di queste formule, che in passato furono definite dagli egittologi come un insieme disordinato di invocazioni e rituali magici, presenta precisi riferimenti all’astronomia ottica in cui dichiaratamente si parla del viaggio dell’anima del Faraone nella volta celeste per giungere alla sua dimora stellare in Orione. Vi sono importanti passi che collegano la dimora di Osiride-Orione alla piana di Giza e alle piramidi. L’analisi critica dei Testi delle piramidi dimostra che i più antichi testi funerari egizi facevano parte di una dottrina religiosa e filosofica che aveva il suo fondamento nel culto delle stelle e della rinascita dopo la morte nella dimora celeste; culto che, pur essendo definito da alcuni egittologi come di matrice "predinastica" o preistorica, ebbe un notevole influsso sulla religione egizia per molti secoli prima che prevalesse la religione solare di Ra. Per capire in particolare i richiami continui all’astronomia precessionale occorre valutare attentamente il testo degli Scritti in cui sono presenti molti riferimenti alla dinamica e al moto apparente degli astri nella sfera celeste. Il valore delle scoperte realizzate sui Testi delle piramidi è notevole se si pensa che il pensiero, espresso dagli antichi sacerdoti-astronomi che li redassero, si rispecchia nell’architettura monumentale sacra nella quale sono state inserite quelle informazioni di tipo matematico e astronomico che non sono fine a se stesse ma sono finalizzate a esprimere la valenza simbolica della liturgia che coinvolgeva tali architetture.
    Come le cattedrali erano templi che dovevano servire per gli aspetti liturgici della religione cristiana, e su questi requisiti si basavano le istruzioni date all’architetto che sviluppava il progetto usando la geometria e la matematica per esprimere in modo simbolico la funzione liturgica del culto.
    È dunque ragionevole pensare che, lo stesso criterio valga per la piramide di Cheope. L’approccio corretto per una piena comprensione del progetto della piramide, dunque, si varrà di elementi di matematica e di astronomia per estrarre il significato simbolico del progetto e legarlo, in ultimo, alla liturgia del culto.
    La conseguenza che si può definire "naturale" di questa teoria è che l’intero complesso di Giza possa essere visto non solo come rappresentazione della cintura di Orione, per quanto riguarda il progetto architettonico, ma che tale sistema monumentale sia il perno su cui ruota un meccanismo che potremmo definire come una sorta di misuratore precessionale delle epoche cosmiche che in passato ha informato la religione e la cosmologia dell’Antico Egitto. Abbiamo visto più sopra che l’effetto ottico apparente della precessione assiale della Terra (a cui si somma la variazione dell’obliquità dell’eclittica) è quello di determinare lo spostamento retrogrado del punto equinoziale, di anno in anno, lungo lo spazio della sfera celeste in cui si trova la costellazione zodiacale che regge l’equinozio di primavera. Per cui il sole, apparentemente, si sposta (circa 50’’ di arco all’anno) con moto retrogrado percorrendo la costellazione primaverile in un arco di tempo di circa 2160 anni (era precessionale), trascorsi i quali il punto equinoziale si sposta nella costellazione che immediatamente precede nella fascia dell’eclittica (Toro → Ariete → Pesci ecc.), costellazione che reggerà l’equinozio di primavera nei successivi duemila anni, mentre la costellazione che precedentemente ha retto l’equinozio di primavera tende a sparire sotto l’orizzonte. In questo arco di tempo la costellazione che domina l’equinozio di primavera sarà visibile circa tre ore prima dell’alba equinoziale, osservando il cielo verso il punto in cui sorgerà il sole che è l’est vero; in tal modo il sole sorgerà sullo sfondo della costellazione equinoziale per tutto il tempo che impiegherà ad attraversare i circa 30° dell’eclittica in cui si estende la costellazione equinoziale e ciò richiede appunto un tempo lunghissimo (circa 2160 anni).
    Questo non è l’unico effetto visivo della precessione assiale (che viene appunto definita precessione degli equinozi) poiché l’effetto ottico non riguarda solo le costellazioni della fascia dell’eclittica o fascia zodiacale ma riguarda in genere tutte le costellazioni dell’emisfero celeste, poiché la conseguenza principale della precessione è quella di determinare la variazione delle coordinate celesti degli astri che nel corso di centinaia di anni sembrano spostarsi nella sfera celeste rispetto ad un punto di osservazione, per cui varia anche la stella che indica il nord celeste (oggi è nella costellazione dell’Orsa minore, ma nei prossimi secoli l’asse punterà verso una zona priva di stelle).
    L’effetto è provocato realmente dal fatto che l’asse terrestre, col passare del tempo, punta verso zone diverse del cielo determinando questo effetto ottico apparente.
    Per quanto riguarda le costellazioni che comprendono stelle che sorgono ad est e tramontano ad ovest, come per esempio la costellazione di Orione, oggetto di questa analisi, l’effetto ottico riguarda l’intero ciclo temporale di 26.000 anni nel quale si ha un semiciclo iniziale di circa 13.000 anni in cui la costellazione si trova bassa sull’orizzonte e le tre stelle della cintura si trovano ad un’altezza di circa 9-11° sull’orizzonte meridionale al transito sul meridiano d’osservazione. In questo primo semiciclo la costellazione tende ad "alzarsi" dall’altezza minima su indicata fino ad un’altezza di circa 58°, per poi iniziare un ciclo inverso di "discesa" che riporta la costellazione alla configurazione iniziale nello stesso arco di tempo di circa 13.000 anni.

    Poiché gli egizi erano interessati soprattutto all’osservazione della levata di alcune stelle e del loro transito al meridiano (soprattutto Sirio e la cintura di Orione), secondo Bauval appare evidente che in un arco di tempo sufficientemente lungo, circa un secolo, fossero in grado di verificare il cambiamento delle coordinate celesti di questi astri e fossero a conoscenza del cambiamento nella declinazione e nell’altezza di quest’ultimi, facilmente registrabile.
    Infatti, se consideriamo che la variazione nella declinazione è all’incirca di mezzo grado per secolo, in duecento anni lo spostamento apparente dell’astro nella sua levata era più o meno pari alla dimensione apparente della luna piena; un risultato apprezzabile ad occhio nudo.
    La conseguenza di queste osservazioni è evidentemente una prova immediata della conoscenza da parte dei sacerdoti-astronomi egizi degli effetti visivi della precessione.
    La conoscenza di questo meccanismo, sincrono e speculare per quanto riguarda il ciclo precessionale, condusse i sacerdoti egizi a sfruttarne le peculiarità temporali per poter fissare l’epoca di riferimento della costruzione dei condotti interni della piramide, che in tal modo divenne di fatto il meccanismo di cui si servirono per costruire un orologio stellare delle epoche.
    Muovendosi avanti e indietro sul meridiano di osservazione e conoscendo il ritmo di variazione delle coordinate celesti degli astri osservati è possibile, partendo da una determinata epoca, fissare un riferimento temporale relativo ad un determinato allineamento tra un monumento e una costellazione.
    Questo meccanismo, che misura da un punto di vista precessionale lo spostamento apparente degli astri, ci fornisce anche un riferimento temporale che permette datazioni storiche.
    Così Bauval, partendo dai calcoli non del tutto corretti di Badawy e Trimble che datavano i condotti intorno al 2600 a.C., con le misurazioni corrette delle inclinazioni dei condotti interni è riuscito a datare la costruzione degli stessi ad un’epoca più recente, intorno al 2450 a.C.

    Ovviamente il meccanismo precessionale consente di spingersi più in là, poiché permette anche di cercare l’epoca nella quale l’esatta disposizione delle tre piramidi di Giza e il loro allineamento corrispondeva esattamente alla configurazione della cintura di Orione.
    Movendosi lungo il meridiano di osservazione e verificando l’altezza al transito sul meridiano ci si accorge che tale configurazione si raggiunge in una lontanissima epoca che segnò l’inizio di questo ciclo precessionale, intorno al 10.450 a.C. Soltanto in quest’epoca l’esatta configurazione e allineamento geometrico delle piramidi corrisponde alla configurazione della cintura di Orione (cioè le due immagini sono sovrapposte se immaginiamo di ricostruire il cielo di quell’epoca e lo proiettiamo sulla piana di Giza).

    Il significato di un’epoca così lontana spaventa gli studiosi e disorienta ma non si deve prestare necessariamente a speculazioni sulle origini dei costruttori poiché il riferimento a quest’epoca così remota è insito nella cosmologia egizia, nella quale si parla espressamente di un’Età dell’Oro in cui gli Dei vissero sulla Terra. Questa epoca remota veniva indicata come il "Primo Tempo" (Zep Tepi) di Osiride, in cui il Dio dell’oltretomba egizio governò sulla terra d’Egitto, per cui Bauval coniuga la sua teoria della correlazione stellare piramidi-Orione con la cosmologia egizia.
    Lo scopo di questo allineamento non sarebbe quindi quello di volerci dare un’indicazione sull’epoca in cui fu costruita la Grande piramide ma piuttosto quello di far ricadere la nostra attenzione sull’origine temporale del ciclo cosmico precessionale, epoca che corrisponde al Primo Tempo della mitica storia dell’Antico Egitto.
    La remota epoca del 10.450 a.C., infatti, non viene considerata da Bauval come la data di costruzione della piramide di Cheope. Egli si limita a dire che la costruzione della piramide di Cheope avviene intorno al 2475-2450 a.C., cioè l’epoca di costruzione dei condotti interni che furono puntati sulla tre stelle della cintura di Orione (in particolare Al Nitak) e la stella polare, allineandoli astronomicamente a quell’epoca.
    Ma la conoscenza dell’astronomia precessionale permise ai costruttori delle piramidi di compiere un viaggio virtuale nel tempo e di ricostruire la configurazione del cielo di Giza come appariva nel 10450 a.C. (il Primo Tempo di Osiride) e di allineare a tale configurazione la geometria del piano architettonico di Giza.
    Sotto questo aspetto dunque, il significato astronomico-religioso della piramide di Cheope è portato ai massimi livelli poiché il meccanismo scientifico impiegato nella realizzazione delle caratteristiche geoastronomiche della piramide di Cheope viene finalizzato all’espressione del simbolismo religioso che si vuole trasmettere e che è insito nella cultura religiosa e nella cosmologia egizia.

    È molto importante ricordare un ultimo punto che spesso viene trascurato dagli studiosi.
    Se è vero che le caratteristiche geometriche e astronomiche della Grande piramide sembrano prevalere su quelle degli altri due giganti di Giza (anche nei termini degli allineamenti astronomici dei condotti interni) è pur vero che la correlazione con la costellazione di Orione riguarda la configurazione di tutte e tre le piramidi di Giza, a dimostrazione che il progetto fu fondato su un piano architettonico unico, volto a raffigurare la proiezione della costellazione di Orione sulla piana di Giza.
    I costruttori delle piramidi condivisero questo progetto nel corso del tempo e i Faraoni della IV dinastia vi misero il "sigillo".

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    LA TERRA, I SUOI MOTI E LE GEOMETRIE ORBITALI

    Il nostro pianeta compie una serie di spostamenti regolari e periodici nel nostro sistema solare che permettono la misura del tempo e delle stagioni e che vanno sotto il nome di moti della Terra. Fra questi il moto di precessione.
    La Terra è interessata anche da altri moti oltre a quello di rotazione e di rivoluzione.
    Le scoperte realizzate sul nostro pianeta hanno permesso di verificare che la Terra non ha una forma perfettamente sferica, ma è leggermente schiacciata ai poli e rigonfia all’equatore a causa del suo moto di rotazione.
    Inoltre l’equatore risulta inclinato rispetto al piano dell’eclittica di circa 23° 27’; la forza di attrazione gravitazionale del sole, della luna e dei pianeti del sistema solare agisce sull’equatore tendendo a raddrizzare l’asse terrestre (in modo da disporlo perpendicolarmente rispetto al piano dell’orbita) ma poiché la Terra ruota su se stessa si comporta come una trottola o giroscopio, tendendo a mantenere costante l’inclinazione dell’asse di rotazione.
    La risultante di questo insieme di forze è la lenta rotazione inversa dell’asse terrestre rispetto al moto della Terra, per cui si verifica uno spostamento dell’asse che in tal modo descrive nello spazio un doppio cono con vertice al centro della Terra.
    Questo moto è definito di precessione e richiede poco meno di 26.000 anni perché l’asse terrestre ritorni nella stessa posizione (per la precisione 25.776 anni).
    Il moto precessionale non è regolare ma subisce delle perturbazioni a breve termine provocate dall’effetto gravitazionale della luna; queste vengono definite "nutazioni", oscillazioni a breve termine nella direzione dell’asse ogni 18,6 anni circa.
    Per effetto del moto di precessione, l’asse di rotazione terrestre punta, col passare del tempo (nell’ordine di secoli), verso regioni della sfera celeste diverse; attualmente punta verso la stella a della costellazione dell’Orsa Minore, che è la nostra stella polare attuale, ma col tempo punterà verso altre costellazioni che indicheranno il nord celeste.
    Questo perché il moto di precessione dell’asse terrestre modifica le coordinate celesti degli astri, determinando il loro spostamento apparente ad un ritmo di 1° ogni 72 anni (71,6 per la precisione).
    La scoperta del moto di precessione viene attribuita ufficialmente all’astronomo greco Ipparco che nel II sec. a.C. si accorse della variazione del sistema di coordinate celesti controllando delle misurazioni effettuate circa un secolo e mezzo prima da altri astronomi che avevano realizzato dei cataloghi con la posizione di un migliaio di stelle e verificando che nelle misurazioni effettuate dei suoi predecessori vi era un "errore" sistematico di circa 2° nella longitudine celeste, la cosiddetta ascensione retta.
    Ipparco scoprì l’effetto visivo del moto di precessione, non potendo fornire la spiegazione scientifica del fenomeno precessionale che fu data solo in tempi recenti da Newton in avanti e poi confermata dalle scoperte dell’astronomia moderna sulle geometrie orbitali del nostro pianeta.
    È importante ricordare che la scoperta del moto di precessione viene attribuita ad Ipparco ma si dibatte fortemente sul fatto che gli Antichi, almeno Egizi e Babilonesi, conoscessero perlomeno gli effetti visivi del moto precessionale, essendo in grado di effettuare e conservare misurazioni della volta celeste in tempi secolari e quindi in grado di verificare lo spostamento apparente degli astri.
    La scienza ufficiale nega questa possibilità oppure ammette che gli Antichi conoscessero la precessione ma non sapessero calcolarla.

    È da ricordare che tra gli effetti visivi del moto di precessione assiale della Terra vi è la precessione degli equinozi. Infatti lo spostamento dell’asse terrestre, nei confronti del quale il piano dell’equatore è perpendicolare, determina anche lo spostamento dei punti equinoziali, cioè dei punti di intersezione dell’asse con il piano dell’orbita che corrispondono ai punti che occupa il sole agli equinozi, e quindi anch’essi si spostano con lo spostamento dell’asse.
    Questo fenomeno detto appunto di precessione degli equinozi fa si che il sole raggiunga il punto equinoziale, cioè la posizione degli equinozi, con un lieve anticipo nella data di questi.
    Tuttavia il periodo in cui l’equinozio ritorna in una stessa posizione non è esattamente pari al periodo di precessione assiale della Terra a causa di altri fattori legati all’attrazione gravitazionale dei pianeti e alle geometrie orbitali della Terra che vediamo nel prosieguo.
    L’effetto ottico apparente legato alla precessione degli equinozi è lo spostamento retrogrado del sole e quindi del punto equinoziale lungo le costellazioni della fascia dell’eclittica, le costellazioni zodiacali, che reggono l’equinozio primaverile e quindi anche quello autunnale.
    Questo comporta che circa ogni 2160 anni il Sole, all’equinozio, si trova in una costellazione diversa, con una sequenza del tipo Toro → Ariete → Pesci → Acquario ecc. cioè opposta rispetto al moto annuo di cui abbiamo parlato più sopra.
    Ciò è dovuto proprio al moto di precessione dell’asse terrestre che modifica la regione dello spazio e quindi della sfera celeste verso cui punta l’asse terrestre.
    Storicamente si può dire che all’epoca della grande civiltà greca fino all’epoca romana il sole sorgeva, all’alba equinoziale, nella costellazione dell’Ariete, mentre successivamente si è spostato nella costellazione dei Pesci e nei prossimi secoli il punto equinoziale comincerà ad oscillare nella costellazione dell’Acquario.
     
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