REBUS ARCHEOLOGICI

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.  
    .

    BIOLOGO TEORETICO

    Group
    Administrator
    Posts
    8,416
    Location
    Gaia: 3° pianeta del Sistema Solare

    Status
    Giro del mondo alla scoperta dei reperti che la scienza non sa, o non vuole, spiegare con una tesi sostenibile: in passato civiltà avanzate avrebbero interagito con il nostro pianeta.

    di Umberto Talarico (Seconda Parte)

    Proseguiamo nel nostro studio elencando ulteriori testimonianze di una tecnologia forse insegnataci (o donataci) da esseri evoluti che, in un passato ormai dimenticato, potrebbero aver avuto un contatto con il genere umano.
    8. Il deposito di Uranio (U-235) della miniera di Oklo (località sita a circa 40 miglia a nord-ovest di Franceville, nel Gabon - Africa occidentale), impoverito in seguito ad un processo di "fissione nucleare" indotto, quasi certamente, in modo artificiale. Il minerale di Uranio in questione, infatti, contiene una percentuale di U-235 intorno allo 0,621%, mentre tutti gli altri depositi naturali finora scoperti ne contengono lo 0715%. Inoltre, l’avvenuta fissione è corroborata dalla presenza - in tale minerale - di quattro elementi rari, quali Neodimio, Samario, Europio e Cerio, in forme tipiche derivanti dalla fissione dell’Uranio-235. Secondo Francis Perrin (ex presidente della maggiore organizzazione francese per la produzione di energia atomica), autore di un rapporto all’Accademia delle Scienze Francese, tale reazione nucleare avrebbe avuto una origine naturale e si sarebbe avviata circa 1,7 miliardi di anni orsono. L’ipotesi di un’origine naturale della miniera di Oklo, non è condivisa però da Glenn T. Seagorg, ex capo della U.S. Atomic Energy Commission e vincitore di un premio Nobel legato alla sua attività sulla sintesi degli elementi pesanti. Seagorg ribadì che, per bruciare Uranio in una reazione nucleare è indispensabile la concomitanza di molteplici fattori contraddistinti da ben determinati parametri di quantità e qualità. Inoltre, è indispensabile la presenza dell’acqua come agente moderatore per frenare i neutroni liberati quando si scinde un atomo di Uranio-235 e sostenere, così, la reazione nucleare a catena. A questo scopo, è necessario che l’acqua in questione sia estremamente pura. Anche una minima percentuale di contaminazione "avvelena" la reazione e la interrompe. Il fatto che, in natura, non esiste una sola goccia di acqua chimicamente "pura", porta ad escludere, quindi, l’ipotesi che una reazione nucleare possa innescarsi spontaneamente in giacimenti naturali di Uranio.
    9. I bassorilievi rinvenuti nel 1857 dall’archeologo francese Auguste F.F. Mariette nelle cripte del santuario della Dea Hathor, sito a Dendera nel basso Egitto, rappresentano congegni del tutto simili a grandi lampade fluorescenti, con un polo collegato, tramite un cavo, a terra e un altro fuoriuscente direttamente da uno Zed, inteso come generatore di energia (simile, nell’aspetto esterno, ad un attuale isolatore per l’alta tensione). Sta di fatto che un modello in scala della lampada, realizzato dall’ingegnere elettrotecnico Walter Garn su indicazione degli archeologi dilettanti Peter Krassa e Reinhold Habeck, tutti di Vienna, irradia un’intensa luce rosata dimostrando, così, di funzionare perfettamente.
    10. Il monile d’oro, lungo solo 38 mm., appartenente alla cultura preincaica Sinu, collocata tra il 500 e l’800 d.C., la cui sagoma ricorda inconfondibilmente quella di un aereo da caccia Mirage F-1, aerodinamico ed adatto al volo a reazione - secondo l’opinione di esperti dell’Istituto Aeronautico di New York che l’hanno attentamente esaminato - conservato presso il Banco nazionale di Bogotà, in Colombia. Questo non è il solo monile in oro, con le caratteristiche di un aeromodello, scoperto nel nuovo mondo. Sei oggetti in oro praticamente identici e completi di fusoliera aerodinamica, ali a delta e timone perfettamente triangolare, sono in mostra nel Field Museum of Natural History di Chicago (USA), altri due sono esposti nello Smithsonian Museum of Natural History di Washington D.C., e nel Museum of Primitive Arts di New York City. Insieme a quelli di Bogotà, gli oggetti sono in tutto quattordici. I reperti in questione hanno almeno 1000 anni, ma provengono da un’area geografica molto estesa quale il Costarica, il Venezuela ed il Perù.
    11. L'enigmatica lastra monolitica del sarcofago del tempio di Palenque, in Messico, di epoca risalente tra il 1000 ed il 1200 d.C., che reca incisa la figura di un individuo (dai caratteri somatici maya) inserito all’interno di una struttura modulare apparentemente dotata di una sorta di motore posteriore eiettante fiamme. Il personaggio raffigurato indossa un elaborato copricapo o casco, ha una sorta di respiratore infilato nelle narici, è alloggiato su un complesso sedile - nella tipica posizione di un astronauta - manovra pomelli e comandi di un qualche genere. Tutte le obiezioni finora formulate dagli scettici per "smontare" questo reperto della cultura maya, le loro cervellotiche "ricostruzioni" tendenti ad identificarlo come una rappresentazione mitico-allegorica della scomparsa di re Pacal (i cui resti sarebbero quelli trovati nel sarcofago) e la sua discesa nel regno dei morti, non sono in grado di impedire che, nel suo insieme, tale immagine suggerisca prepotentemente, a chiunque la osservi, la rielaborazione artistica dello "spaccato" di una navetta aerea, pilotata e getto-propulsa.
    12. Gli "oggetti alati", ricavati da zanne di tricheco, appartenenti alla antica cultura dei Ciùkci (popolazione artica dell’Asia, di stanza nella Siberia nord-orientale, Russia) ed a quella degli Eschimesi dell’Alaska, simili a "farfalle" con un corpo triangolare e lunghe ali distese, adornati con figure incise di piccoli cerchi, triangoli e linee ovali, risalenti a circa 2000 anni orsono.
    13. La "navicella" lavorata in argilla e rinvenuta a Toprakkale, l’antica Tuspa (Turchia), molto simile ad una navetta monoposto getto-propulsa (cosa questa evidente dati i grossi augelli di scarico posteriori) con alloggiato, al suo interno, un pilota con indosso una sorta di tuta flessibile. La figura del pilota, posto nel suo scomparto, è parzialmente danneggiata (manca della testa), sono comunque ben visibili dei "tubi" (forse per un apparato respiratore) posti al di sotto del mento. Il museo di Istanbul, che conserva il reperto, non lo ha mai esposto al pubblico. Motivazione ufficiale: la sua autenticità non è confermata; è molto più probabile, però, che la vera ragione sia dovuta all’imbarazzo ed al rifiuto degli archeologi ufficiali nell’ipotizzare un diverso sviluppo della cultura umana.
    14. Le famose "bambole Dogus" di epoca tra il medio ed il tardo periodo Jomon (ossia tra 2500 e 1200 anni a.C.), rinvenute in alcune caverne nei pressi della "baia delle fiamme enigmatiche", nell’isola centrale giapponese di Honshu. I caratteri "spaziali" di queste piccole statue di terra grigia sono molteplici ed evidenti: presentano un casco munito di una visiera rettangolare o sagomata come degli occhiali da neve (ossia fessurati per ridurre e dosare, così, il passaggio della luce solare), rivettati tutt’intorno; una sorta di filtro per la respirazione posto all’altezza della bocca; un collare di collegamento tra il casco e la tuta, quest’ultima apparentemente rigida come fosse pressurizzata; una sorta di piccole tenaglie manipolatrici montate su teste snodate, al posto delle braccia; la presenza di "valvole di raccordo per tubi" disposte sul petto dello "scafandro". Come avrebbero potuto uomini con una cultura di tipo neolitico (ossia della pietra) immaginare e mettere insieme una tale coerente mole di dettagli tecnologici di tipo astronautico se non li avessero osservati direttamente e piuttosto da vicino? È un caso che, nella stessa zona, ad un centinaio di metri dalla tomba di Katsuhara (nei pressi della città di Matsubase, nella regione di Kyush), una delle pietre usate per la chiusura di una camera funeraria portasse inciso il disegno di "missile" con tanto di alettoni a delta e fiamme posteriori?
    15. Le statuette di terracotta, raffiguranti uomini con tute e caschi da astronauti, rinvenute nei pressi di Esmeralda, in Ecuador, e risalenti a circa 3000 anni orsono, facenti parte della raccolta privata di un collezionista di Milano.
    16. Il monile d’oro noto come "l’uomo danzante" o "astronauta di Kiev", appartenente alla cultura Scita (gruppo di tribù nomadi di origine iranica stanziatisi, tra il II ed il I sec. a.C., nella Russia meridionale). Anche in questo caso, ci troviamo di fronte ad una figura con indosso una tuta aderente serrata ai polsi ed alle caviglie, una casco privo della bocca ed "aureolato" (forse per dare l’idea di un qualcosa di trasparente), con calzari flessibili e perfettamente modellati, e - dulcis in fundo - con una caratteristica anatomica poco "umana": quella di avere sei dita per ogni mano. Questo è l’unico reperto europeo, noto, avente caratteristiche "spaziali" tanto evidenti.
    17. Il "geode di Coso", rinvenuto nella omonima regione montana, poco lontano da Olancha (California, USA), nel cui interno (cavo) è alloggiato un oggetto composto da un corpo di ceramica molto dura, un’anima di metallo, il tutto avvolto da una lamina di un metallo simile al Rame. Tale oggetto è - quasi certamente - un componente elettrico di un apparecchio più complesso. Da come è composto, è molto simile ad una candela per accensione, con un’età, però, di circa 500.000 anni.
    18. La carta geografica dell’ammiraglio turco Piri Reis, appartenente al Museo Topkapi di Istanbul. La mappa è stata disegnata nel 1513 e rappresenta la penisola di Plamer, la Terra della regina Maud e numerosi picchi montagnosi sub-glaciali posti al largo delle coste, riconosciuti come tali soltanto nella metà del 20° secolo da una spedizione organizzata da Norvegia, Svezia e Gran Bretagna. La carta raffigura inoltre, con relativa precisione, altre regioni dell’Antartide che non potevano essere - in alcun modo - note nel ‘500, poiché ricoperte dai ghiacci. Nella mappa, infatti, il continente antartico si presenta libero dai ghiacci, come doveva esserlo in una epoca risalente a circa 11.000 anni fa. Inoltre, la deformazione ottica tipica di tale carta geografica presuppone un punto di osservazione posto in un’orbita geo-stazionaria al di sopra del Cairo (Egitto). In altre parole, la carta di Piri Reis ed una proiezione equidistante azimutale di tale area geografica avente per centro il Cairo - ovvero una foto satellitare di questa - coincidono. Ebbene, "chi" - sulla Terra - poteva mai disporre di una tale tecnologia spaziale ben 11.000 anni fa?

    Nella terza parte del nostro lavoro cercheremo di tirare le somme, inquadrando più approfonditamente tutte quelle testimonianze di oggetti e reperti "fuori posto", che fanno di questi studi il fondamento di una vera scienza alternativa.
     
    .
0 replies since 12/6/2020, 08:36   10 views
  Share  
.