italia Via libera a sperimentazione di Fase III contro la leucemia

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  1. paolabio
     
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    L’unica terapia potenzialmente curativa disponibile per le leucemie ad alto rischio è il trapianto di cellule staminali derivate dal midollo osseo di un donatore sano.

    Queste cellule permettono di rigenerare il sistema immunitario di un paziente leucemico, già compromesso dalla malattia e dalla radio/chemioterapia a cui deve sottoporsi prima del trapianto. Le staminali trapiantate hanno però bisogno di tempo per differenziarsi nelle cellule mature, capaci di fornire un’adeguata protezione immunitaria. Occorrono mesi, durante i quali il paziente è privo di difese contro le infezioni e contro le ricadute leucemiche. Durante questo periodo, è quindi necessario fornire al paziente una protezione sostitutiva.

    Se il paziente dispone di un donatore pienamente compatibile, la soluzione è semplice: basta usare cellule mature del donatore, i linfociti T, in grado di combattere infezioni e di riconoscere ed eliminare cellule tumorali residue. Però, se la compatibilità tra donatore e paziente non è totale, i linfociti possono attaccare anche i tessuti sani. I linfociti del donatore sono quindi un’arma a doppio taglio: da un lato forniscono un effetto immunoterapeutico efficace contro infezioni e ricadute leucemiche, dall’altro possono procurare danni gravissimi a cellule e tessuti normali.

    E’ questo il rischio che ne ha finora impedito l’uso in tutti i casi di non perfetta compatibilità tra donatore e paziente, vanificando l’opzione del trapianto. Una circostanza, questa, non infrequente. Circa la metà dei malati di leucemia non ha accesso al trapianto per mancanza di un donatore pienamente compatibile e prontamente disponibile (il fattore-tempo è un requisito cruciale). Un donatore familiare parzialmente compatibile (quali sono genitori e figli) è invece rapidamente disponibile per tutti i pazienti; ma come mantenere la protezione supplente dei linfociti del donatore, al tempo stesso controllandone eventuali aggressioni contro i tessuti normali?

    L’ideale sarebbe disporre di un sistema che permetta di tenerli sotto controllo, ponendoci in grado di eliminare solo quelli che dovessero scatenare l’aggressione contro i tessuti sani. Si tratta, insomma, di realizzare una strategia di spegnimento mirato di queste cellule. La nostra soluzione, frutto di più di un decennio di ricerche e sperimentazioni, è stata di renderle sensibili, mediante una modificazione genetica, ad un farmaco antivirale: i linfociti coinvolti nell’aggressione, e solo quelli, possono essere eliminati con la somministrazione del farmaco all’insorgenza dei primi sintomi.

    Questa eliminazione permette quindi di mantenere tutti i benefici del presidio immunitario supplente, svolto dai linfociti del donatore per il tempo necessario alle staminali di produrre per il paziente un sistema immunitario nuovo e duraturo. Finora, abbiamo sperimentato questa terapia, chiamata TK, in uno studio che ha coinvolto oltre 50 pazienti: il trattamento con le cellule TK ha permesso la pronta ricostituzione immunologica nella maggior parte dei pazienti ed ha permesso di controllare prontamente il rischio di aggressione dei tessuti sani in tutti i casi. Ora ci apprestiamo ad estendere questa sperimentazione, avviando uno studio volto a dimostrarne l’efficacia in un ben maggior numero di pazienti: se così sarà, avremo trovato il modo di offrire finalmente una chiave per aprire la porta del trapianto di staminali emopoietiche ai pazienti leucemici e, in prospettiva, a coloro che sono affetti da malattie curabili con trapianto di staminali.

    Fonte http://staminali.aduc.it
     
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0 replies since 15/7/2008, 08:14   134 views
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