HIV a scopi terapeutici

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    BIOLOGO TEORETICO

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    18.07.2005

    HIV a scopi terapeutici
    Il virus usa un peptide di fusione per disattivare la risposta immunitaria


    Il virus HIV si nasconde proprio nelle cellule del sistema immunitario che dovrebbero proteggere il corpo dalle infezioni virali. Ma come riesce a impedire a queste cellule di scatenare un attacco su larga scala contro l'invasore? In uno studio pubblicato sulla rivista "Journal of Clinical Investigation", un team di ricercatori del Weizmann Institute of Science ha dimostrato come parte di una proteina sulla superficie esterna del virus interferisca con la normale risposta immunitaria della cellula. La scoperta potrebbe avere vaste implicazioni: il frammento molecolare in questione, infatti, oltre ad avere un effetto devastante, potrebbe condurre a un trattamento efficace contro altri disturbi, come l'artrite reumatoide.
    Nelle fasi iniziali dell'infezione, le proteine che ricoprono il virus HIV si fondono con le membrane esterne delle cellule T, quelle che dovrebbero riconoscere gli invasori e mettere in allarme altre cellule immunitarie. Il materiale genetico del virus costringe poi il DNA della cellula a farne altre copie, che successivamente vanno a infettare altre cellule.
    Il biochimico Yechiel Shai, l'immunologo Irun Cohen e colleghi hanno scoperto che il virus sfugge all'identificazione dei recettori sulle pareti esterne delle cellule T grazie a un segmento della sua proteina gp41 chiamato FP (peptide di fusione). FP era noto per il suo ruolo nella fusione con la membrana cellulare durante gli stadi iniziali dell'infezione, ma i ricercatori hanno scoperto che può interferire con la risposta immunitaria bloccando diverse proteine sulle pareti della cellula.
    Lo studio di questo meccanismo potrebbe fornire importanti indizi su come regolare il sistema immunitario. Secondo Shai, l'utilizzo a scopi terapeutici di FP non costituirebbe un pericolo per i pazienti, in quanto da solo non può né infettare cellule né riprodursi. "Forse - aggiunge Cohen - l'uomo potrebbe adottare il peptide del virus per controllare meglio l'autoimmunità iperattiva".


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