Scoperto l'interruttore che spegne i tumori

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    BIOLOGO TEORETICO

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    ANNUNCIO SU «SCIENCE» Scoperto l'interruttore che spegne i tumori In molti tipi di cancro esiste un gene dalle funzioni alterate
    Autore: MARCHISIO PIER CARLO
    ARGOMENTI: GENETICA, BIOLOGIA, RICERCA SCIENTIFICA
    ORGANIZZAZIONI: SCIENCE, MTS
    LUOGHI: ITALIA
    NOTE: 065

    L'anno scorso una giuria di biologi cellulari e molecolari elesse p53, il prodotto di un gene dotato della capacità di sopprimere la crescita tumorale, «Molecola dell'anno». Una scelta giustificata dall'interesse che suscita la possibilità di interagire sperimentalmente con lo sviluppo dei tumori maligni. Che il cancro sia un problema di alterata funzione dei geni è ormai noto a tutti. Sta diventando sempre più chiaro il concetto che tra i geni alterati esistono i regolatori positivi della trasformazione neoplastica detti anche oncogeni e i regolatori negativi detti geni soppressori dei tumori o anti-oncogeni che a essa si oppongono. Lo sviluppo di un tumore maligno è quindi il risultato di una prevalenza degli oncogeni sugli anti- oncogeni con il risultato di indurre crescita incontrollata di un certo numero di cellule. Tutto ciò è molto semplicistico ma serve a introdurre l'idea che la battaglia contro il cancro può essere combattuta sia opponendosi agli oncogeni sia favorendo gli anti-oncogeni. Il momento di gloria della molecola p53 sta proprio nel fatto che essa è il tipico prodotto di un anti-oncogene e lavora regolando il ritmo della proliferazione cellulare interagendo con gli eventi complessi che inducono una cellula a replicare il proprio Dna e, successivamente, a dividersi. Inoltre, in molti tumori si è trovato che p53 non funziona o funziona male e lascia quindi via libera allo stimolo proliferativo degli oncogeni. La battaglia è molto difficile perché gli oncogeni sono più di cento, ognuno partecipa allo sviluppo di un numero limitato di tumori e nessuno risulta attivo in tutti i tumori. Difficilissima è quindi la ricerca del «farmaco magico» capace di fermare la crescita di tutti i tumori maligni. Un po' più promettente sembra puntare sugli anti- oncogeni in quanto sono in numero molto minore e, soprattutto, sono molto meno legati al comportamento specifico dei singoli tumori. Sul numero di «Science» del 15 aprile è comparsa una notizia che fa pensare come la scommessa sugli anti-oncogeni possa essere vincente. Un gruppo di ricercatori americani ha riportato la scoperta di un nuovo gene che è stato chiamato Mts 1 (Multiple Tumor Suppressor 1) che porta l'informazione per la sintesi della proteina p16 che funziona come inibitore di una delle molecole implicate nel controllo della divisione cellulare. Anche p53 funziona così. Ma - a differenza del gene di p53, modificato solo in un numero limitato di tumori - Mts 1 è alterato da mutazioni di diverso tipo nella grande maggioranza dei tumori. Questa scoperta alimenta la speranza di trovare qualcosa che controlli l'alterata crescita cellulare in molti se non tutti i tipi di tumore. Induce anche a sognare che il farmaco attivo su tutti i tumori maligni possa diventare realtà in un momento non disperatamente lontano. Il messaggio dei ricercatori (e il mio personale) vuole essere un segno di ottimismo. Tuttavia, per carità, non creda il lettore che la vittoria sul cancro sia dietro l'angolo. Anni di duro lavoro ci separano ancora dall'applicazione pratica della ricerca di base; miliardi di dollari di investimenti nella ricerca vera e non in mezzucci atti a vendere farmaci inutili. Tutti devono sentirsi impegnati in questa guerra fatta di battaglie su molti fronti. Non è casuale che l'articolo di «Science» sia firmato da ricercatori appartenenti a un'industria privata. Negli Stati Uniti la collaborazione tra la ricerca accademica e quella privata è ormai un fatto reale. Esiste scambio di cervelli, spesso bidirezionale, tra Università e industria. Anche in Italia si dovrebbe aumentare la fertilità delle rispettive competenze e migliorare il livello culturale e imprenditoriale dell'una e dell'altra. Questo non significa affatto, come alcuni sostengono, la morte della ricerca non applicativa, che qualcuno, con perfido appellativo, chiama ricerca inutile. Le menti più illuminate della ricerca biologica sanno perfettamente che grandi scoperte, gravide di applicazioni pratiche, si possono fare su un vermetto o su una mosca. Le nostre conoscenze di genetica, le stesse che stanno alla base della genetica molecolare del cancro, sono figlie dirette di ricerche fatte per anni su mosche e vermetti. Pier Carlo Marchisio Università di Torino

    (fonte: TUTTOSCIENZE)
     
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