Un gene protegge le arterie a rischio

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    BIOLOGO TEORETICO

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    MALATTIE CARDIOVASCOLARI Un gene protegge le arterie a rischio
    Autore: MARCHISIO PIER CARLO
    ARGOMENTI: MEDICINA E FISIOLOGIA, RICERCA SCIENTIFICA, BIOLOGIA, GENETICA
    ORGANIZZAZIONI: SCIENCE
    LUOGHI: ITALIA



    LA mia tesi, che può sembrare ovvia ma che ancora non è entrata nel sentire di tutti, è che il progresso della conoscenza biologica si traduce quasi subito in grandi passi in avanti della medicina. Quindi, il miglioramento della salute e l'allungamento e la qualità della vita richiedono investimenti nella ricerca scientifica. La ricerca, insomma, non è un lusso ma una necessità primaria della società civile. L'occasione per sostenere questa tesi viene da una ricerca pubblicata su Science del 27 gennaio, nella quale convergono tecnologie biologiche dirette ad aggredire le malattie cardiovascolari, killer numero uno della società industriale. Alla base delle malattie cardiache e delle lesioni dei vasi cerebrali come l'ictus sta un fenomeno che si chiama aterosclerosi. Questa lesione porta a un ispessimento della parete delle arterie, comprese le coronarie che nutrono il cuore, ed è dovuta alle cellule muscolari vascolari che si mettono a proliferare quando non dovrebbero e riducono il flusso di sangue. Si limita così l'afflusso di ossigeno al tessuto servito da quell'arteria finché questa cessa del tutto e il tessuto muore. Sotto molti aspetti l'aumento della proliferazione di queste cellule muscolari ricorda un fenomeno simile che avviene nei tumori e i meccanismi sono in realtà identici. Trovare quindi un sistema per controllare la crescita cellulare nella parete dei vasi è di grande importanza pratica. Basta basarsi sull'enorme sforzo di ricerca, in comune con il cancro, che studia il meccanismo che ordina alle cellule di dare origine ad altre cellule. Oltre ai vantaggi generali che questa conoscenza comporta nel tenere sotto controllo l'aterosclerosi, il poter intervenire in maniera diretta sulla proliferazione delle cellule muscolari vascolari è di utilità pratica nel controllare gli insuccessi purtroppo frequenti delle manovre che oggi si fanno per sturare con tubicini, o più tecnicamente cateteri a palloncino, vasi ostruiti e prevenire danni più gravi senza grossi interventi a cuore aperto. Le cellule muscolari della parete delle arterie hanno proprietà uniche. Come tutte le cellule muscolari, si contraggono per aumentare o diminuire il calibro dei vasi ed entrano quindi nel controllo della pressione del sangue. Normalmente non si dividono ma sono sensibilissime a stimoli proliferativi. Quando un'arteria viene lesa da qualcosa che dà fastidio alla sua parete interna, le cellule muscolari vascolari aumentano di numero e riparano rapidamente il danno rispondendo a stimoli prodotti dalle piastrine, da globuli bianchi del sangue e anche dalle cellule di rivestimento interno dei vasi stessi. Spesso proliferano troppo e questo porta a una diminuzione del calibro del vaso nel quale il flusso di sangue si riduce e si fa turbolento. Nasce una serie di guai che sono tutti riconducibili al fatto che un fenomeno benefico, la riparazione del vaso, è andato un po' al di là del suo scopo. Come avviene la regolazione di questo fenomeno? In condizioni normali le cellule se ne stanno brave perché il prodotto di un gene, chiamato Rb (da retinoblastoma, un tipo di tumore maligno) impedisce l'attivazione della proliferazione cellulare. Non appena si ha una minima lesione del vaso, accorrono le piastrine, si attivano i globuli bianchi e le cellule endoteliali stesse si mettono a produrre fattori di crescita che, stimolando specifici recettori sulla superficie delle cellule muscolari, producono una fosforilazione di Rb il quale, nella forma con un acido fosforico attaccato, scatena la proliferazione. Qualcosa di molto simile avviene nei tumori. Ai ricercatori delle Università dell'Illinois e del Michigan, autori del lavoro di Science, è venuta un'idea fantastica. Agire sul prodotto del gene Rb delle cellule muscolari vascolari e renderlo insensibile ai fattori di crescita che lo fosforillano. Per questo hanno prodotto una variante di Rb non fosforilabile, mediante una tecnica di ingegneria genetica, e la hanno inserita in un trasportatore, una specie di virus, programmato per andare a bersaglio solo sulle cellule muscolari vascolari. La variante di Rb, introdotta nelle cellule della lesione, non può essere fosforilata e quindi blocca la proliferazione sostituendosi al normale Rb. I fattori di crescita si trovano senza il loro agente dentro le cellule e perdono la loro funzione. Non si tratta di fantascienza ma di un nuovo stile terapeutico basato non su una molecola estranea ma sulla capacità di interagire sulla funzione di un singolo componente cellulare. E' un esempio - tra i molti possibili - della direzione verso la quale va la medicina a braccetto con la biologia. Un esempio di come si potrà in futuro affrontare un numero sempre più grande di malattie senza inondare di farmaci il malato ma riparando con una vera e propria terapia solo i sintomi di una malattia. Per ora hanno beneficiato di questa terapia innovativa solo qualche roditore e qualche porcellino ma non è lontano il momento in cui questa verrà sperimentata sull'uomo. A chi dir grazie se non al rafforzarsi del patto tra ricerca e medicina? Pier Carlo Marchisio Dibit San Raffaele, Milano

    (fonte: TUTTOSCIENZE)
     
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