Quasi una fiaba biologica

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    BIOLOGO TEORETICO

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    QUASI UNA FIABA BIOLOGICA Farfalla e formica una tragica beffa
    Autore: BENEDETTI GIUSTO
    ARGOMENTI: BIOLOGIA, BOTANICA, ZOOLOGIA, ANIMALI
    LUOGHI: ITALIA



    SEMBRA quasi una favola di Esopo: protagonisti, una Farfalla azzurra e una Formica rossa. La farfalla risponde al nome di Maculinea arion, appartiene alla famiglia dei Licenidi e vive in buona parte del continente europeo; frequenta i prati di montagna a 1000-2000 metri. L'altro protagonista è la Formica rufa, o Formica rossa, anch'essa assai diffusa in Europa: vive nei boschi di conifere, dove, con aghi di abete e di pino, costruisce grandi nidi, addossati a tronchi in decomposizione. Il nido della Formica rossa è una struttura notevole: non tanto per l'intrico di camere e gallerie da cui è costituito, quanto perché fatto in modo da mantenere al suo interno una temperatura costante di 25 C. Ma veniamo alla nostra storia. Sul finire dell'estate, la Ma culinea depone le sue uova sulle piante di Timo, e i bruchi che ne escono iniziano a cibarsi dei profumati fiori di questa pianta, non disdegnando, all'occasione, di praticare il cannibalismo nei confronti di qualche «fratellino» più piccolo. Arriva l'autunno: i bruchi, grassi e ben pasciuti, abbandonano le piante che li hanno nutriti e decidono di avventurarsi per il mondo. In essi stanno avvenendo dei cambiamenti, e uno, in particolare, si rivelerà determinante: lo sviluppo di particolari ghiandole che secernono un liquido denso e zuccherino. Per le formiche rosse, l'autunno è un periodo di grande attività: devono battere il territorio e recuperare scorte di cibo per l'inverno. E' inevitabile che, prima o poi, qualche formica incontri qualche bruco. Qualsiasi altro bruco verrebbe subito ucciso e trasformato in riserva di proteine per il formicaio, ma quello della Maculinea ha dalla sua la secrezione zuccherina: la formica la assaggia, ne rimane deliziata, e decide all'istante di portarsi a casa il bruco vivo, per poterlo «mungere» con comodo durante il lungo inverno. La poveretta non lo sa, ma ha appena fatto il peggior affare della sua vita: il bruco trascorrerà tutto l'inverno nel tepore del formicaio, mangiandosi allegramente le larve delle formiche senza che le formiche adulte, inebriate dalla secrezione zuccherina, se ne accorgano nemmeno. L'inverno volge ormai al termine e il bruco, passando per lo stato di crisalide, si accinge a divenire farfalla. Private della secrezione zuccherina, le formiche rinsaviscono di botto, e riconoscono come nemico l'essere alato che sta loro di fronte. La scena è da film western: i pellirosse, terminata l'«acqua di fuoco» fornita dai bianchi, si accorgono che, nel frattempo, questi hanno depredato l'oro dalle Montagne Nere. La vendetta è d'obbligo, e le formiche si lanciano all'assalto dell'intruso. Ma la Maculinea ha in serbo l'ultimo inganno: come un moderno aereo da guerra, lancia intorno a sè una nuvola di squame lanuginose che confonde le formiche e le dà il tempo di abbandonare il formicaio spiegando nel sole le azzurre ali. Il vecchio Esopo, a questo punto, avrebbe sicuramente tratto una morale da tutta la vicenda. Il moderno biologo non lo fa: si limita, ancora una volta, a rimanere stupefatto di fronte all'ennesimo esempio di strategia adattativa di una specie vivente. Giusto Benedetti

    (fonte: TUTTOSCIENZE)
     
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