La complessità della crescita

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    BIOLOGO TEORETICO

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    LA COMPLESSITA' DELLA CRESCITA I geni non sono tutto Due ricercatori mettono in dubbio il dogma su cui si fonda il sapere moderno Le connessioni neuronali sarebbero stabilite soprattutto dall' esperienza
    Autore: SCARUFFI PIERO
    ARGOMENTI: BIOLOGIA, GENETICA, RICERCA SCIENTIFICA
    NOMI: EDELMAN GERALD, KAUFFMAN STUART
    LUOGHI: ITALIA
    NOTE: 023



    QUANDO la biologia chiarì il rapporto fra genotipo e fenotipo, cioè tra il codice genetico e l' organismo, parve che uno dei misteri più fitti della scienza, quello della vita, fosse stato per sempre chiarito. In realtà oggi sappiamo che la biologia era soltanto all' inizio di una lunga strada. E' vero che il codice genetico contiene la sequenza di istruzioni che l' organismo userà per crescere, ma occorre molto di più affinché emerga la forma dell' organismo così come la vediamo quotidianamente. Due ricercatori di fama mondiale hanno addirittura avanzato dubbi sul fatto che il codice genetico sia poi così importante ai fini della crescita e dello sviluppo, attaccando in tal modo un dogma che sembrava essere una delle poche certezze del sapere moderno. Ha cominciato Gerald Edelman, premio Nobel per le ricerche sul sistema immunologico e ancor più famoso per la teoria del «darwinismo neurale», secondo la quale un principio di selezione naturale è alla base anche dello sviluppo del cervello: a competere sono i neuroni, le cui connessioni non sarebbero che in minima parte stabilite dal codice genetico, mentre il grosso del condizionamento verrebbe dall' esperienza (e questo spiegherebbe perché ogni cervello è diverso dagli altri). Più recentemente Edelman ha esteso questa teoria alla «morfogenesi», ovvero alla genesi della forma di un organismo, ipotizzando che gli organismi assumano la forma che hanno per effetto di meccanismi regolatori a livello di molecole. Questi meccanismi, attivi durante le prime fasi dello sviluppo, avrebbero origine dall' interazione della cellula con le cellule vicine. Sarebbe insomma la posizione della cellula, o il suo «indirizzo», a determinare la sua evoluzione, piuttosto che il codice genetico. Edelman parla di reazioni molecolari «topobiologicamente vincolate» per esprimere il concetto che dipendono dal punto in cui si verificano. Edelman simula al computer, tramite «automi», ogni sua ipotesi e tali simulazioni hanno dimostrato che effettivamente i meccanismi topobiologici sarebbero sufficienti a rendere conto della complessità della crescita. Al tempo stesso si sono accumulati indizi sempre più forti che il codice genetico da solo non basterebbe mai a fornire una descrizione dettagliata di un organismo: anche se riuscissimo a decifrare tutto il genoma di un animale, non saremmo ancora in grado di immaginarci com' è fatto] Ciò che la teoria «topobiologica» di Edelman implica è che l' organismo sia (almeno in una fase preliminare dello sviluppo) un sistema in grado di «auto regolarsi» di evolvere senza bisogno di troppe informazioni esterne. Lo scambio di messaggi fra le cellule supplirebbe alla mancanza di informazioni nel codice genetico. «Parlando» con le cellule vicine, una cellula riuscirebbe a stabilire la propria funzione nel sistema globale. Sta per uscire un altro libro rivoluzionario «The Origins of Order», scritto da Stuart Kauffman per la Oxford University Press. Anche Kauffman è convinto che il codice genetico sia soltanto un pezzo della spiegazione e che occorra postulare qualche altro meccanismo; e, soprattutto, che questo meccanismo aggiuntivo sia interno al sistema stesso. Solo che il sistema esaminato da Kauffman non è un singolo organismo, ma la vita nel suo insieme. Secondo Kauffman, la selezione naturale non potrebbe dar luogo alle specie che conosciamo se non agisce in concomitanza con un' altra forza. Kauffman identifica questa forza in una tendenza di tutti gli organismi verso l' «auto organizzazione» (o «anti caos» ). L' evoluzione nel tempo delle specie sarebbe dovuta in parte alla selezione naturale e in parte a questa tendenza all' «auto organizzazione» o all' «anti caos». Tanto l' evoluzionismo quanto la genetica hanno assunto che il «caso» avesse una qualche parte nel dirigere i loro affari. Forse non è il «caso», ma un principio intrinseco della vita: la capacità di auto organizzarsi. Questo sarebbe però un principio assai singolare: la seconda legge della termodinamica asserisce che il disordine di un sistema debba sempre aumentare (un po' come in una stanza chiusa i mobili tendono a impolverarsi, e non a spolverarsi da soli); ma gli organismi viventi (a detta di Edelman e Kauffman) sarebbero in grado di aumentare il proprio ordine, e pertanto violerebbero un altro dogma della scienza moderna. In realtà non deve necessariamente essere così: negli Anni Quaranta Schrodinger fece notare che l' esistenza dei sistemi viventi dipende dalla loro capacità di aumentare l' entropia (il disordine) dei loro ambienti. Infatti assorbono energia dall' ambiente e dissipano energia nell' ambiente. La seconda legge della termodinamica varrebbe ancora, ma a livello di ambiente. Se venisse confermato, il fatto che ogni fenomeno del vivente sia in grado di «auto regolarsi» semplificherebbe di molto lo studio della vita in quanto limiterebbe i tipi di vita possibili. E semplificherebbe la vita dei tanti Frankenstein che stanno cercando di «dar vita» (letteralmente) a un automa. Piero Scaruffi

    (fonte: TUTTOSCIENZE
     
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