LA GRANDE LEGGE DEL KARMA

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    BIOLOGO TEORETICO

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    di Giuseppe Bufalo
    per Edicolaweb


    Da più di un secolo, la Teosofia ha molto contribuito a rendere popolare in Occidente la nozione di Karma, considerato come Legge di Causalità etica che insegna all’uomo a far fronte, senza la possibilità di barare, a tutte le proprie responsabilità, nella sua vita attuale o nelle incarnazioni future.

    Abbiamo già visto che la Reincarnazione senza il Karma non può essere spiegata con la logica. Per fare capire bene il Karma però non basta dire con San Paolo: "Quello che l’uomo semina, quello raccoglierà". Occorre precisare chi è quell’uomo che semina e come si esercita questa giustizia.
    In effetti, la mente occidentale è satura da secoli dall’idea del peccato e dei concetti molto personali dell’anima umana e di Dio.
    Dio è generalmente considerato come un Padre giusto e misericordioso, che punisce il peccatore e ricompensa l’essere meritevole, facendo la grazia al fedele che si pente.
    Con queste nozioni, troppo spesso prese alla lettera, il Karma è assolutamente incompatibile.
    Arriviamo così a confondere il Karma con una specie di legge del taglione, che esercita i propri effetti in diverse incarnazioni: "occhio per occhio, dente per dente... tu pagherai, domani o più tardi."
    Pensiamo: "il Karma mi punisce per il male che io ho fatto nella mia vita passata. Il Karma mi ricompensa nello stesso modo, per tute le mie buone azioni."
    Il Karma diventa una sorta di fatalità che dobbiamo subire passivamente. E ci occupiamo di ciò che il Karma porterà ancora per castigarci. Temiamo di creare del Karma cattivo, cerchiamo di fare del Karma buono per il futuro.
    Arriviamo persino ad immaginare che esista una tariffa prestabilita per punire le colpe secondo la loro gravità. Finiamo addirittura per associare il Karma ad una specie di persona onnipotente. Ringraziamo il nostro Karma per la felicità che riceviamo, un po’ come una grazia di Dio. Saremo pronti a chiedere vendetta al Karma per il male che gli altri c’infliggono.
    Queste vedute, semplicistiche e senza grandezza alcuna, che danno una tale importanza alla personalità effimera dell’uomo di fronte all’universo, sono estranee alla vera Teosofia.

    Il Karma è la grande Legge Naturale di Causalità che esercita il suo dominio sull’Universo intero, e ne mantiene l’unità e l’armonia, pur permettendo la sua evoluzione. In tutti i suoi aspetti l’uomo vi è sottomesso, come tutti gli altri esseri del Cosmo, rimanendo in relazione costante con loro.
    L’uomo che vede nel Karma una "legge del taglione", vive nell’angoscia del peccato, del Karma cattivo, che lo paralizza nelle sue imprese. Se sopravviene un dolore, si riconosce punito, di un crimine passato; invece di far fronte coraggiosamente alla prova, è schiacciato in partenza, perché pensa che non bisogna ribellarsi al braccio della giustizia Karmica...
    Con questa deplorevole passività, l’essere non trae alcun beneficio dalle lezioni della vita.
    Peggio ancora, l’individuo che pensa di avere in mano una verità occulta se ne serve come di una chiave per interpretare la vita degli altri e farà sprofondare anche loro nell’ignoranza. Forse rifiuterà di aiutarli lasciando che essi subiscano il loro karma...
    Un giorno però sopraggiungerà il dubbio perché, malgrado tutti i suoi buoni sforzi, gli sembrerà di non riuscire a raccogliere nessun "Karma buono".
    In effetti, polarizzando il suo pensiero sul peccato, aspetta soltanto il castigo e non vede ciò che è buono e positivo, persino in un avvenimento poco doloroso.
    La grande attenzione accordata al sé personale, che crediamo così costantemente giudicato dal Karma, come se questo sé avesse una grande importanza nell’universo, ha anche delle conseguenze nefaste: l’individuo può avere del Karma soltanto una visione meschina e la minima delusione assume per lui un'importanza smisurata, mentre non è, in realtà, che un avvenimento quasi insignificante nella storia dell’Anima.
    La legge di causalità è estremamente semplice da capire nel mondo fisico, ma la scienza è ancora molto lontana dal poter spiegare la genesi di tutti i fenomeni che osserva.
    Ugualmente, sul piano dell’etica, il principio di Karma è semplice, ma soltanto un Maestro di Saggezza potrebbe spiegare la genesi degli avvenimenti estremamente complessi di una vita umana.
    Così l’apparente semplicità del Karma è ingannevole, e l’ignorante si crede ben presto giustificato a trarre delle conclusioni, mentre non ha neanche la più pallida idea delle esigenze della vera etica, chiuso com’è nelle sue false nozioni del bene e del male.
    Questa certezza ingannevole di aver capito il Karma è, anch’essa, pericolosa: inibisce di primo acchito gli spazi che sarebbero necessari per approfondire questa comprensione, di vitale importanza nella pratica quotidiana della Teosofia.

    Tutti i gruppi di uomini, dalla semplice cellula familiare alla Nazione o all’insieme delle Nazioni, sono gestiti da regole di comportamento, un codice morale che definisce ciò che è "bene" e ciò che è "male".
    Ricompensa e punizione trovano il loro collocamento nella vita di una società. Come mezzi di incoraggiamento o di coercizione per incitare gli individui a rispettare il codice morale e a dare l’esempio della "virtù".
    Sin dall’infanzia, consideriamo molto presto che ogni sforzo richiede un salario. Se è nella buona direzione, l’individuo merita un riconoscimento dal suo gruppo: l’autorità superiore sancirà questo merito con una ricompensa che metterà in luce l’individuo nei riguardi degli altri.
    Se lo sforzo è invece insufficiente, o fatto nella cattiva direzione, contrario alle buone norme, la punizione sancirà questo demerito: l’individuo che si è escluso dal gruppo con la sua cattiva condotta dovrà espiare, agli occhi di tutti, per riparare la colpa e reintegrarsi nel gruppo.
    Così, ricompensa e punizione si inscrivono in un sistema morale che mira intenzionalmente a condizionare gli esseri, con la promessa di un piacere o con la minaccia di una pena, giocando, cioè, con l’emotività e con i desideri della personalità.
    Al limite, la punizione diventa persino una vendetta della società, che per un momento si è vista minacciata da un criminale. Notate che generalmente la punizione non ripara il torto causato.
    Tuttavia, la sanzione, che deve avere un carattere "educativo", può applicarsi, in tutta giustizia, soltanto ad un essere nel pieno possesso della propria coscienza, che sa perché lo si punisce.
    Sembra quindi, senza fatica, che ricompensa e punizione sono mezzi umani ispirati dalla psicologia e utilizzati deliberatamente da giudici umani che si incaricano dell’integrità del gruppo sociale nel quale si esercita la loro autorità.

    Con questa analisi, è chiaro che non si può paragonare il Karma con una legge di ricompensa del merito e di ricompensa del demerito.
    Non esiste nella Natura un giudice umano, ne un Dio personale attento a sanzionare il bene ed il male, per mantenere l’umanità sulla retta via.
    Generalmente, gli avvenimenti felici o infelici della vita sopravvengono senza che si possa discernere la loro origine, che forse risale a diverse vite anteriori. Molto spesso il dolore non può quindi essere interpretato, in tutta giustizia, come una punizione, poiché la personalità attuale che lo subisce non ha coscienza del crimine che sarebbe così punito.
    Anche quando la causa della sofferenza è conosciuta (nel caso di un ubriacone che delira), affermare che la Natura infligge una punizione, equivarrebbe a prestarle dei sentimenti umani, un giudizio, persino un desiderio di vendetta. In realtà, l’ubriacone raccoglie l’esatta conseguenza delle sue azioni contro Natura.
    L’essere umano che egli è può magari avvertire il suo delirio come una punizione e trovare nelle sue sofferenze l’occasione di una riflessione sul proprio sbaglio, ma è evidente, in questo caso, che lo sfacelo fisico è un risultato automatico, prevedibile, nel quale non è intervenuto alcun sentimento, né alcuna intenzione calcolata dalla Natura per correggere l’uomo.
    È vero che l’umanità fa parte di una grande società di esseri viventi, l’Universo intero, e che esistono delle norme da rispettare in tutti i campi: un'igiene fisica, mentale, morale, spirituale. Quindi ogni trasgressione delle regole di quest’igiene comporta degli squilibri, su un piano o su un altro, accompagnati dalla sofferenza, che traduce giustamente il fatto che un errore è stato commesso, come un segnale d’allarme. Non possiamo interpretarla come una punizione ma, dal punto di vista dell’uomo cosciente, come un avvertimento, come una lezione da imparare.
    Capita però che alcune sofferenze siano autentiche punizioni nel caso in cui l’individuo se le infligge da sé, in modo spesso incosciente e morboso. Ma nemmeno in questo caso si può affermare che la Natura punisce o ricompensa.
    Punizione e ricompensa emanano dalla mente umana, e sono valutate e vissute dalla mente umana.

    Il significato primario della parola Karma è Azione: si applica ad ogni forma di azione, a tutti i livelli della Natura, da quello cosmico a quello individuale.
    Come abbiamo visto diverse volte, l’universo è come un grande essere vivente che palpita al ritmo di innumerevoli cicli. La vita è all’opera dappertutto, nell’universo, è in azione, attraverso le fasi necessarie di creazione, conservazione, distruzione, seguite da rigenerazione o rinascita.
    Non esiste un solo essere isolato dagli altri, e nessuno agisce senza influenzare tutta la collettività.
    In realtà, l’azione è interazione: agendo, il più piccolo degli esseri prende parte alla vita dell’universo, vi esercita una costrizione, un influenza - contemporaneamente su se stesso e sugli altri - che immancabilmente causerà una risposta, una reazione di tutto l’insieme, su scala più o meno grande, secondo la natura dell’azione.
    La Coscienza, che è attiva su tutti i piani della Natura, prende nota, per così dire, di tutte le azioni di tutti gli esseri, e adatta le reazioni alla qualità di ognuna di esse.
    Il Karma diventa così azione-reazione, il che sottintende che ogni azione contiene automaticamente in se stessa la promessa di un insieme di conseguenze, tenendo conto di tutto il contesto nel quale si è svolta l’azione, e delle sue esigenze.
    In questo modo, la Grande Legge di Economia della Natura (Karma), conserva l’Unità e l’Armonia dell’insieme: riaggiusta incessantemente gli effetti dell’attività degli esseri viventi per mantenere l’ordine cosmico e per "spingere" l’evoluzione sulla sua Via.
    Notiamo che quest’ordine cosmico non è un organizzazione stereotipata, e che la legge naturale non tende a riportare inflessibilmente un'armonia statica nella quale ognuno reciterebbe eternamente lo stesso ruolo. Al contrario, la spinta della vita tende a trasformare senza sosta le forme, per raggiungere delle espressioni più perfette: il sottile gioco degli equilibri permette di mantenere un armonia dinamica, favorevole al progresso di tutti.
    La Teosofia insegna che la Coscienza è presente nel più piccolo atomo che agisce secondo il suo livello e conserva nella memoria la traccia delle sue esperienze; persino la cellula acquisisce una coscienza propria della sua specie e, secondo la Teosofia, un certo libero arbitrio che le permette di agire entro i limiti della legge stessa.
    Ciò indica che l’universo non è una macchina dove tutto si produce meccanicamente, automaticamente.
    L’immensa memoria degli avvenimenti del passato è costantemente in azione per condizionare strettamente il presente: nulla accade se non seguendo delle strade già esplorate e tracciate da innumerevoli esseri.
    Il passato ha quindi la tendenza a ripetersi o, piuttosto, il presente non può mai innovarsi se non sulla base del passato che lo condiziona fortemente. Ma non vi è condizionamento assoluto nemmeno nel mondo fisico.
    Sebbene in un grande universo siano apparentemente possibili innumerevoli avvenimenti, in realtà, ad ogni istante, la possibilità di realizzazione per ciascuno di essi è lontana dall’essere identica per tutti. Si manifestano gli avvenimenti che sono più probabili (in conseguenza alle cause passate), a meno che la Volontà di uno o di diversi esseri intelligenti intervenga per aumentare la probabilità che altri avvenimenti hanno di prodursi: vediamo intervenire qui il ruolo dell’uomo, per il quale non vi è fatalità che non possa scongiurare con propri sforzi, grazie alla sua conoscenza delle leggi della vita.
    Notiamo anche che ciò che chiamiamo generalmente "miracolo" è in realtà un avvenimento possibile (permesso dalle leggi della Natura) ma così poco probabile in condizioni "ordinarie", che in pratica noi non lo constatiamo mai.
    La Volontà del Taumaturgo aumenta le probabilità dell’avvenimento, modificando le condizioni in modo che si realizzi attraverso delle Leggi Naturali che normalmente non sarebbero intervenute.

    In numerosi campi, osserviamo che i processi messi a punto dall’evoluzione hanno tendenza a ripetersi instancabilmente; ma il contenuto di un fenomeno ciclico non è mai rigorosamente lo stesso: se il "passato" viene a ripetersi, lo fa in condizioni presenti che non sono mai le stesse dell’origine. Il presente è il punto di convergenza di innumerevoli linee di influenza del passato, che interagiscono creando, attimo dopo attimo, delle condizioni progressivamente nuove.
    Così, il passato non si ripete mai identico: le fluttuazioni che avvengono aprono la via ad un possibile cambiamento, progresso o regresso, a seconda dei casi.
    Anche a livello delle cellule, non vi è condizionamento assoluto: la Teosofia, come abbiamo visto, concede ad esse un certo "libero arbitrio". Si riproducono (in generale) sempre identicamente, ma con un margine possibile di fluttuazioni. di qui, le mutazioni che osserviamo. Queste piccole variazioni possono comportare cambiamenti spettacolari, e dar luogo a nuove specie viventi.
    Se anche la cellula non è condizionata al 100%, possiamo supporre che non lo siano neppure le associazioni di cellule (tessuti, organi, ecc...)
    Di fronte all’incertezza che constatiamo nell’osservazione dei fenomeni possibili, il pensiero scientifico cerca di valutare la probabilità della loro apparizione. E a livello atomico, abbiamo sostituito all’idea delle traiettorie ellittiche degli elettroni quella di zone ad alta probabilità di presenza attorno al nucleo, secondo il loro grado di energia.
    È evidente che appena il pensiero interviene con la Volontà, la probabilità che un avvenimento si ripeta può variare considerevolmente. L’uomo crea le sue abitudini: ne diventa schiavo; ma può, in ogni momento, decidere di cambiare, e farlo. Neppure per lui, e meno che per qualsiasi altro essere della Natura, vi è condizionamento assoluto.

    Il Karma è all’opera in tutti i regni della manifestazione, vale a dire ovunque evolvono delle coscienze all’interno delle forme di sostanza.
    Lo Spirito - l’Eterna sorgente di ogni coscienza - non evolve e non è sottomesso al Karma, ma tutte le espressioni particolari di questo potere, focalizzate nelle forme che prendono in prestito, sono governate da questa legge. In effetti, il Karma modella tutte le forme, dalle più materiali alle più spirituali, e condiziona il loro sviluppo: il più elevato degli Arcangeli è, nella sua espressione divina, il risultato di un evoluzione in cui il Karma non ha cessato di agire.
    Ogni manifestazione è una realtà, è un processo di emanazione dall’interno verso l’esterno, dal piano causale (dove esistono gli archetipi ideali di ogni forma) fino al piano oggettivo, passando attraverso il mondo astrale intermediario e dinamico, dove si elaborano le immagini precise che permetteranno di costruire la forma che alla fine sarà percepita.
    Lungo tutta la catena, dal mondo spirituale al mondo fisico, il Karma è quindi in azione e interviene ad ogni fase, per condizionare e modellare la forma definitiva.

    Prendiamo il semplice esempio di una quercia: la ghianda contiene, in potenzialità, innumerevoli forme possibili delle quali una sola sarà prodotta, a causa delle costrizioni dell’ambiente, (suolo, umidità, luce, ecc...) Risalendo più in alto, l’archetipo ideale della quercia esiste sul piano Causale, al di là del piano Astrale, sul quale si elabora in seguito un prototipo dell’albero che si manifesterà alla fine sul piano Fisico, come una quercia particolare.
    Così, alcuni orientali considerano che ogni pianta ha il proprio Karma e che la sua crescita è il prodotto del Karma: con la Teosofia bisogna capire che nulla avviene a caso, ma che ogni manifestazione obbedisce ad un programma, eseguito da forze viventi, da coscienze più o meno risvegliate dall’alto al basso della scala gerarchica.
    Ciò che è vero per la quercia è pure vero per l’uomo, ma l’avventura umana è infinitamente più complessa, a causa degli effetti dei suoi pensieri e dei suoi desideri sulle forze naturali che elaborano dapprima il prototipo astrale del bambino, quindi il suo corpo fisico.

    Siccome ogni forma composta ha solamente un'esistenza provvisoria, e finisce per scomporsi o per subire una metamorfosi, il processo di distruzione è anch’esso programmato ed eseguito da forze naturali, guidate dalla Legge del Karma.
    I tre mondi (fisico, astrale, animico) conservano nella memoria le tracce dell’essere che fu: questi elementi contribuiranno in seguito a costruire un nuovo essere nel mondo delle forme. Ancora Karma.
    Con l’uomo l’avventura postuma segue anch’essa un programma Karmico (come vedremo ulteriormente), e nulla si perde di ciò che è stato: l’Uomo Spirituale, l’Anima, trattiene tutto ciò che contribuisce a fortificarlo, il piano astrale conserva nella memoria potenziale l’insieme dei tratti e delle tendenze della personalità defunta e la terra conserva la materia del corpo disgregato, che verrà riciclata.
    Al momento della nascita successiva, l’alchimia dei processi naturali integrerà nel nuovo essere tutti gli elementi del passato che sono compatibili con le condizioni particolari dell’incarnazione.
    Il Karma ricicla il passato adattandosi alle costrizioni del presente e sfruttandole.
    Nella Bhagavad Gita, il mondo viene paragonato ad una giostra dove le creature girano (legge dei cicli) senza che possano opporvisi. È la potenza magica dello Spirito, che potremmo chiamare la Volontà Divina della Natura, che mantiene il giro della ruota cosmica, ma ogni essere porta il suo contributo, a qualunque livello si trovi.
    Ad ogni grado, le innumerevoli coscienze in azione esprimono, a modo loro, la spinta della vita, che tende alla diversificazione delle forme e all’esperienza e all’emancipazione della coscienza.
    Ovunque, nel cosmo, l’intelligenza è all’opera, dalle gerarchie più elevate di esseri spirituali che guidano l’evoluzione dei sistemi di mondi, sino alle espressioni più rudimentali di coscienza, come nei regni chiamati Elementari, che registrano le influenze ricevute reagendo in funzione di queste nel reparto della Natura a cui appartengono.
    In quest’ottica, la Legge Cosmica del Karma gestisce la marcia evolutiva dell’universo attraverso l’azione di innumerevoli gerarchie di Esseri coscienti, o semi-coscienti, che operano nei mondi fisici, astrali e spirituali.
    Così, il Karma non è una legge cieca di azione-reazione: l’universo è polarizzato tra Spirito e Materia. I meccanismi della vita riflettono, a tutti i livelli, questa polarità, e permettono quindi un'evoluzione ascendente che, attraverso l’azione di miliardi di esseri, diventa sensibile ed evidente nel corso del tempo.
    Nei regni inferiori, gli esseri progrediscono per impulso naturale. Al di sopra del regno umano, le gerarchie di intelligenze altamente evolute (Arcangeli, Architetti dell’Universo, Dhyan-Chohan, ecc...) vegliano sull’esecuzione dei piani dell’universo, gestendo, per così dire, la Legge Cosmica del karma.
    A suo livello, l’uomo è un essere unico: possiede, perlomeno in germe, l’intelligenza creatrice, con poteri divini che potrebbero renderlo pari ad un Arcangelo; ma egli vive chiuso in un corpo simile, in molti punti, a quello di un animale, senza nemmeno beneficiare dell’istinto dell’animale. La sua ignoranza del posto che ha nell’universo, dove tutto è regolato dall’economia del Karma, gli determinerà delle conseguenze notevoli che andremo ad esaminare in seguito.
    Il Karma esprime la Volontà Divina della Natura nella vita dell’intero universo. Con la sua volontà individuale l’uomo può fare la scelta sia di sottomettervisi e di lavorare con essa, sia di sottrarvisi lottandole contro e di vedere tutte le forze naturali che spingono all’evoluzione coalizzarsi progressivamente contro di lui.

    Sin dalla nostra infanzia siamo abituati ad una "giustizia comprensiva": mediante una piccola penitenza, le grosse colpe finiscono con l’essere perdonate; gli errori degli uomini adulti sono cancellati dal sacrificio di un Salvatore. Inoltre le leggi sociali riescono spesso ad essere raggirate da individui scaltri e disonesti. E molta gente percorre la propria esistenza in mezzo a compromessi di ogni sorta, cercando di barare con la vita.
    In queste condizioni, la Legge del Karma, che è assolutamente inevitabile, può facilmente essere risentita come una legge severa ed implacabile. Non si bara con il Karma.
    Notiamo le parole "compensazione e retribuzione", che suggeriscono il ripristino di un equilibrio e la messa in causa dell’essere che è all’origine dello squilibrio: egli riceve gli effetti che gli sono dovuti, per portarlo a ristabilire l’armonia, o per incitarlo a progredire sulla stessa via, se è armoniosa.
    Una causa seminata produrrà infallibilmente i suoi effetti: il tempo che trascorre prima della loro manifestazione non ne riduce affatto l’ampiezza. È inutile implorare una legge universale che non obbedisce a sentimenti e non ha orecchie.
    La magia nera può senza ombra di dubbio ritardare l’effetto del Karma lottando contro i processi naturali che consentono il manifestarsi di quell’effetto - creando quindi un Karma supplementare ancora più grave - ma nulla può cancellare la causa, che darà i suoi frutti presto o tardi. In quel senso, la legge del Karma è implacabile.
    L’unico passo possibile ed utile per l’individuo consiste nello sforzo di trasformare se stesso per essere capace di assumere con coraggio ed intelligenza gli effetti del Karma passato, quando sopraggiungeranno, al fine di trarne le lezioni e di farne un trampolino per un progresso decisivo.
    Infallibilmente, l’Ego Immortale di un criminale si ritroverà - nella vita presente o in un'altra - nelle condizioni in cui la sua personalità terrena dovrà assumere le conseguenze del suo crimine passato.
    La giustizia umana non può, in nessun caso, sostituirsi alla giustizia Karmica che è la sola ad avere i procedimenti giusti per ottenere la compensazione del crimine commesso.
    Punendo il criminale - soprattutto giustiziandolo con la pena capitale - gli uomini non fanno altro che aggiungere un crimine ad un altro, addossando così alla società la responsabilità Karmica di quell’atto.
    Con il braccio della giustizia, la società ha il dovere di proteggere gli individui e di impedire ai malfattori di nuocere. Come dice H.P. Blavatsky nella "Chiave della Teosofia", la legge umana può usare misure restrittive ma non punitive. Dovrebbe mirare anche a rieducare il criminale, per cercare di reintegrarlo nei ranghi della società, ogni volta che fosse possibile.
    Esaminando le cose in una prospettiva personale, con una visuale ristretta, potremmo vedere nella legge del Karma una maledizione che costringe l’uomo a soffrire senza sosta nelle incarnazioni successive.
    In realtà, la Natura non è una specie di dio sanguinario, un dio che stritola le sue creature dopo averle create per un esistenza irrisoria, e il Karma non è una legge vendicativa che schiaccia il colpevole: gli effetti delle cause seminate un tempo, si distribuiscono sempre nella vita degli esseri in maniera tale da poter essere affrontati. In questo senso, la legge della Natura appare misericordiosa: se tutto il Karma tenuto in sospeso si precipitasse sull’uomo in un solo istante, egli non sopravviverebbe.
    Continuamente ricollocato in situazioni precedentemente male intraprese, o in circostanze nuove delle quali deve decifrarne il senso, l’essere umano riceve nella sua vita tutte le occasioni necessarie per imparare le lezioni trascurate, per correggere gli errori, ristabilire o rinforzare l’armonia, e progredire verso l’incarnazione del Divino in lui.
    Se il Karma non lascia nulla al caso e mantiene l’uomo prigioniero nella rete da lui stesso intrecciata - vita dopo vita - la medesima legge permette anche al prigioniero di liberarsi, se compie gli sforzi necessari.

    Nella Bhagavad Gita, Krishna afferma al suo discepolo che egli è nato con un Destino Divino. Ed è il destino di tutta l’umanità: in realtà, la legge del Karma, applicata all’uomo pensante, riaggiusta costantemente la sua traiettoria in funzione di questo destino divino.
    Se è vero che una parte della nostra natura è trascinata più o meno a ripetere le esperienze passate, a causa delle influenze impresse dal nostro essere pensante nella massa degli elementi viventi che compongono i nostri veicoli inferiori, la nostra parte spirituale esige che avvenga un riaggiustamento - attraverso la sofferenza o la nostalgia di una realizzazione più nobile.
    Nell’"Oceano della Teosofia", W.Q. Judge fa capire bene che l’infelicità individuale non deve interpretarsi unicamente come la conseguenza Karmica di azioni "cattive" delle vite anteriori, ma può trattarsi di una disciplina assunta dall’Anima per eliminare i difetti delle sue personalità, o per acquisire forza d’animo e compassione. Questa sfumatura è importante, perché l’uomo non è condannato eternamente a subire la legge del Karma: il suo destino divino gli richiede di penetrare tutti i segreti del suo essere intimo e favorire coscientemente il suo risveglio spirituale, aiutandosi con questa conoscenza e facendo della legge la propria complice ed alleata, servendo contemporaneamente la Natura nel suo movimento evolutivo.
    La Voce del Silenzio insegna: "Aiuta la Natura e lavora con essa; e la Natura ti considererà uno dei suoi creatori e ti renderà obbedienza". Questa è la vera Magia Bianca dei Maestri di Saggezza che hanno penetrato i segreti del Karma e che ne rispettano le ingiunzioni in ciascuna delle loro azioni, operando nel contempo potentemente per il bene reale di tutti gli esseri.
    Ma cosa significa, nel contesto universale, buona azione o cattiva azione?
    Possiamo affermare che una "Buona Azione" è quella che va nel senso dell’evoluzione e del risveglio dell’essere, prendendo il presente imposto dal Karma, mobilitando tutti i mezzi di azione, di pensiero e di amore dei quali l’essere dispone, senza dare un senso egoista all’azione o ai suoi frutti. La Buona Azione serve sia agli scopi dell’Ego Immortale (preparando la sua personalità terrena a rispondere alla sua ispirazione) sia gli interessi reali della collettività alla quale l’uomo appartiene.
    Invece la "cattiva azione" va contro l’evoluzione, rinforzando l’egoismo, l’ignoranza, l’incomprensione e l’ostilità degli esseri.
    Adottando il punto di vista della personalità, il se mondano alla ricerca della felicità terrena, abbiamo la tendenza a considerare come Karma buono gli eventi che consolidano la situazione terrena, o eliminano una minaccia. Al contrario, mettiamo sul conto del Karma cattivo malattie e rovesci di fortuna, prove e avversità. Insomma, ciò che è piacevole è calcolato come Karma buono e ciò che è spiacevole come cattivo.
    Dal punto di vista dell’Anima in evoluzione, le cose prendono un aspetto del tutto diverso.
    Ogni evento ha la sua giustizia, la sua utilità. Ognuno può essere sfruttato per saldare un conto sospeso nel passato, per preparare una trasformazione progressiva della personalità, per apprendere delle lezioni indispensabili.
    Mettendosi dal punto di vista intermedio, quello dell’uomo terreno desideroso di risvegliarsi alla vita spirituale, dovremmo forse chiamare arma buono tutto quello che stimola questo risveglio, anche se si tratta di un fallimento o di una prova dolorosa, che permette alla fine di accedere ad una comprensione profonda della vita e Karma cattivo tutto quello che ritarda questo risveglio, questo impegno al servizio di una causa universale.
    Ma non bisogna dimenticare che questo punto di vista è molto relativo e di un utilità temporanea. A volte, un lungo giro attraverso vie tenebrose, sembra necessario per risvegliare un individuo e per condurlo a cambiare tutto nella sua esistenza.
    Come insegna la Bhagavad Gita: "Ogni azione, senza eccezione, culmina alla fine nella conoscenza spirituale".

    Quando sopraggiungono gli avvenimenti, non abbiamo più il potere di arrestarli. Non possiamo niente contro il Karma che precipita: l’effetto delle cause che abbiamo seminato ci condiziona totalmente in quel momento. Bisogna accettare l’avvenimento. Ma noi, in teoria, abbiamo il libero arbitrio. Vale a dire che possiamo scegliere il comportamento che avremo di fronte all’avvenimento. Possiamo lasciarci schiacciare dall’angoscia (o diventare pazzi di gioia), oppure rimboccarci le maniche e cercare di sfruttare efficacemente e con intelligenza la situazione che ci viene imposta.
    Siamo liberi di farlo, in teoria.
    Sfortunatamente, nella maggioranza dei casi (ma non in tutti), il nostro comportamento è programmato dalle nostre abitudini passate: non facciamo uso del libero arbitrio e reagiamo automaticamente. In questo modo, la concatenazione degli avvenimenti della nostra vita diventa quasi prevedibile, a un termine più o meno lungo, mentre abbiamo il sentimento illusorio della libertà.
    Bisogna quindi imparare a liberarsi dai nostri automatismi. Ciò richiede una vigilanza sostenuta: è a questo prezzo che l’uomo fa veramente uso del suo libero arbitrio, impegnandosi in azioni veramente "auto-indotte" e "auto-determinate".
    La vera libertà non consiste nel poter fare qualunque cosa di quello che desideriamo - come vorrebbe un bambino capriccioso - la vera libertà suppone che riconosciamo in modo lucido le diverse influenze e costrizioni che ci sollecitano (desideri della personalità, influenze del mondo esteriore, aspirazioni e suggerimenti della coscienza) e che scegliamo, in quell’insieme, solo quelle alle quali obbediremo, costi quel che costi.
    La nostra responsabilità si estende ovunque possano estendersi gli effetti del nostro pensiero, cioè, nell’Universo intero. In pratica, nulla ci capita - anche se è "colpa degli altri" (apparentemente) - senza che la nostra responsabilità sia impegnata.
    Si dice che l’individuo diventa responsabile verso l’età di 14 anni (quando l’Anima ha preso possesso del suo strumento fisico e di quello astrale). Ma la morte del corpo non interrompe gli effetti del pensiero dell’uomo sui suoi simili e sulla Natura. Tutte le energie vili ed egoiste che egli è riuscito a generare durante la sua esistenza andranno a liberarsi nell’atmosfera psichica della terra e ad inquinarla, influenzando gli esseri sensibili.
    Al contrario, l’Amore degli esseri esercita un influenza benefica e potente che la stessa morte non può interrompere.
    E persino in sogno, un individuo può agire su di un altro, a sua insaputa.
    Da quanto detto si evidenzia la necessità del controllo dei pensieri, delle emozioni e dei desideri, di cui siamo responsabili Karmicamente.
    Potremmo dire che uno degli scopi della nostra evoluzione è di fare di noi degli esseri totalmente coscienti delle nostre responsabilità, su tutti i piani del nostro essere.
    Come abbiamo visto, è escluso che si possa sfuggire al Karma: ogni forma di vita è sottomessa ad esso.
    Per noi si tratta di esaurire gli effetti Karmici delle cause che abbiamo seminato per ignoranza, per liberare il potere Divino in noi e diventare, in qualche modo, l’espressione stessa della volontà della Natura o, se preferiamo, gli agenti della Legge Karmica Universale, come lo sono i Maestri di Saggezza.
     
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