Meteoriti: una nuova Tunguska?

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    BIOLOGO TEORETICO

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    L'ESPLOSIONE MISTERIOSA DI BODAJBO

    di Costantino Paglialunga
    per Edicolaweb


    UNA NUOVA TUNGUSKA?
    È notte fonda e all’improvviso un bolide penetra nell’atmosfera sovrastante l’Altopiano Stanovoj, nel sud della Siberia Orientale. Alcuni bagliori, una serie d’esplosioni assordanti e il tremore della terra gettano scompiglio e incredulità negli abitanti della zona vicina all’evento. Sono le ore 1 e 48 minuti locali del 25 Settembre 2002 quando improvvisamente inizia la tregenda.
    In principio i residenti, in particolare gli abitanti dei villaggi di Vitimsky e Mama del distretto di Mama-Chuya, pensano istintivamente che sia l’inizio di una guerra atomica. L’area colpita è situata a nord-est del Lago Bajkal, distante circa 60 Km dalla grande città di Bodajbo. Le autorità locali si sono limitate a chiedere via fax informazioni sull’accaduto al governo centrale di Mosca, mentre dagli Osservatori Meteorologici non sono giunte notizie allarmanti perché non sono riusciti ad interpretare il fatto in tempo reale. La zona interessata è montagnosa, impervia e disabitata, mentre quella circostante è frequentata dai cercatori d’oro, nel periodo che va da Aprile a Settembre.

    Alcuni dati interessanti
    Testimone eccezionale è stato un satellite artificiale americano del Dipartimento della Difesa (DoD), che ha intercettato il bolide ad un’altezza di 62 Km da terra e lo ha seguito fino a 30 Km sulla verticale. La traiettoria percorsa nella discesa si è sviluppata verso nord-est con un’inclinazione di 34° circa. Alcuni scienziati ritengono però che il satellite abbia sbagliato nel determinare i dati. A parte questo, rapporti ufficiali hanno dichiarato che il picco dell’intensità di luce osservata nella zona dello spettro visibile sia stata di 2,4 x 1011 watt/ster. Inoltre l’energia totale irradiata equivale a 8,6 x 1011 Joules (6000 °K del corpo nero), che trasformata nell’altra unità di misura, corrisponde a 8,6x1018 ergs. È stato dichiarato che equivale all’energia rilasciata da un’esplosione di circa 200 tonnellate di tritolo.

    [...l'articolo è un po lungo ma interessante...posto l'ultima parte e il link di riferimeto]

    RIFLESSIONI PER COMPLETARE L'ANALISI
    Alcuni di questi fenomeni sinora analizzati sono stati riscontrati anche con il meteoride di Bodajbo, ma é pur vero che ci sono diversità sostanziali. Molti frammenti possono aver causato fenomeni simili ma restano inspiegabili le esplosioni, il ritrovamento del Tritio ed altri fenomeni assai interessanti. Occorre premettere che le dimensioni dei meteoridi, caduti nella Tunguska nel 1908, in Giordania e in Canada nel 2001 e nella regione siberiana di Bodajbo nel 2002, non sono comparabili, visti gli effetti al suolo ed in atmosfera.
    Si può ipotizzare che l’energia cinetica delle masse in movimento discensionale abbia avuto un ruolo principale. Nel caso Bodajbo, probabilmente, non si sono avuti impatti di materiale solido col terreno, e perciò oltre 25 masse incandescenti si sono abbattute in aree diverse investendo alberi, la bassa vegetazione e in qualche maniera hanno impattato pure con il suolo.
    Il problema si concentra perciò sull’esplosione principale.
    Il satellite americano ha seguito la discesa del bolide sino ai 30 Km dal suolo, limite in cui l’oggetto misterioso ha iniziato la frantumazione. Che cosa potrebbe essere successo dopo?
    Non ci sono certezze a riguardo.
    L’altro problema è che a terra non sono stati ritrovati residui apprezzabili di materiale cosmico: ecco perché si pensa che le esplosioni siano tutte avvenute in aria.
    La tesi proposta è abbastanza singolare poiché gli studi, da me compiuti sull’evento della Tunguska, lasciano intendere che, con ogni probabilità, ci sia stato l’intervento di un sistema di difesa nei confronti proprio dei meteoridi, insediato da remoto tempo nella zona siberiana nei paraggi del fiume Viljui. La distanza tra la Tunguska e la zona di Bodajbo, con tale insediamento, in pratica è la stessa e gli effetti si possono confrontare non nella quantità bensì nella qualità.
    Presumo, anche per quest’ultimo caso, che raggi d’antimateria (non intesa nel senso terrestre ma energia capace di disgregare i nuclei degli atomi per ottenere in maggioranza atomi d’idrogeno) abbiano colpito il bolide durante la sua corsa verso la superficie terrestre. La massa gassosa poi, per attrito e risonanza, si è innescata determinando l’esplosione, il forte bagliore e la successiva formazione nuvolosa a forma di fungo che si è probabilmente innalzata verso il cielo, aiutata, se così si può dire, dall’avvallamento del terreno compreso tra le due montagne contigue. Si è potuto notare nella zona dell’esplosione principale che alcuni alberi, situati nel versante montagnoso più vicino all’impatto ed alti almeno 15 metri, sono stati dapprima sradicati e poi bruciati completamente nella parte esterna. In ogni modo, qualunque sia la natura dell’esplosione, i gas che essa produce o libera in un breve tempo, esercitano sul mezzo che li circonda un’azione meccanica più o meno forte, eventualmente molto brutale.
    Con un’esplosione chimica, ad esempio, nella maggioranza dei casi si ha una produzione d’onde sismiche dovute ad una velocità di reazione assai elevata, sviluppantesi in un’onda di alta pressione che avanza a parecchie migliaia di metri il secondo.
    Nel nostro caso si è supposto che l’attore principale sia l’idrogeno, un elemento con il più piccolo peso atomico e la struttura più semplice. Allo stato naturale esso è una miscela di tre isotopi, dei quali quello con numero di massa 1 è di gran lunga il più abbondante (oltre il 99,98%). Gli altri isotopi hanno rispettivamente numero di massa 2 e 3. L’isotopo con massa 2 è chiamato comunemente Deuterio e il terzo isotopo Tritio. Quest’ultimo si trova nel nostro pianeta in quantità piccolissime, dell’ordine di un atomo per circa 1017 atomi d’idrogeno.
    È risaputo che l’idrogeno, in certe condizioni di pressione e temperatura, si combina con l’ossigeno dell’aria con decorso esplosivo. In pratica sopra i 500 °C la reazione è rapidissima ed esplosiva. La combustione controllata dell’idrogeno in ossigeno produce una temperatura di 2800 °C nella fiamma ossidrica. Pure l’idrogeno e l’azoto si combinano già a temperature superiori ai 300 °C, naturalmente alla presenza di un catalizzatore a base di ferro, per formare ammoniaca.
    Per completare simili conoscenze c’è da dire che le miscele in aria contenenti dal 20% al 40% d’idrogeno sono le più infiammabili. L’accensione può verificarsi in seguito a riscaldamento a 500-580 °C a seconda della pressione. L’accensione inoltre può essere provocata da onde d’urto esplosive e, come è stato accennato, dal calore di attrito e d’urto in un getto d’idrogeno contenente particelle solide. Di solito la pressione gassosa si può alzare dalle 20 alle 40 volte quella iniziale. I dati in nostro possesso, riprodotti su quantità di materia e condizioni assai diverse, di solito vengono estrapolati per interpretare situazioni naturali come appunto quella della caduta di un meteoride.
    Per fare un discorso chiaro: se molti di questi dati possono essere ben interpretati, rimane il gran dubbio sulla temperatura scaturita nella taiga siberiana e rilevata dal satellite. Le zone, dove sono avvenuti gli impatti con il suolo, sono dislocate su un rettangolo avente le dimensioni di circa 100 km in lunghezza per oltre 40 km di larghezza. Dal grafico allegato (Foto 19) si può notare che non tutta l’area è stata interessata o colpita. Essa è morfologicamente variegata: piccole montagne si alternano con vallate più o meno ampie, il tutto ricoperto dalla classica taiga. Le zone disegnate in rosso sono quelle dove gli alberi sono stati abbattuti e bruciati e le frecce indicano la direzione di posa a terra. Il fenomeno si è sviluppato secondo l’asse di caduta ed è terminato a ridosso del versante di una montagna foderata di alberi, a circa 40 km dalla zona dell’esplosione principale. In quest’ultima distinguiamo due zone: nella centrale si è avuto il danno maggiore con l’abbattimento e la bruciatura di tutti gli alberi. Nella zona restante l’effetto è stato assai ridotto.


    [immagini e intero articolo sono reperibili cliccando il link alla fonte]

    (fonte: edicolaweb - stargate)

     
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