Molecole di memoria

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    MOLECOLE DI MEMORIA I nostri ricordi sono fissati e custoditi in speciali proteine che si formano nelle cellule del cervello
    Autore: CALISSANO PIETRO
    ARGOMENTI: BIOLOGIA, RICERCA SCIENTIFICA
    LUOGHI: ITALIA
    NOTE: c-Amp, Creb



    IL cervello è dotato di due tipi di memoria: una di breve durata, detta memoria di lavoro perché serve per i ricordi collegati con la nostra vita quotidiana, e una di lunga durata, depositaria dei nostri ricordi più stabili e remoti e quindi indispensabile per la consapevolezza di noi stessi e del mondo che ci circonda. Incominciamo ora a identificare i meccanismi chimico-molecolari tramite i quali operano queste due memorie. Ciò che sta emergendo è che la memoria di breve durata impiega meccanismi di rapidissima attuazione (secondi o meno) e di altrettanto rapida cancellazione caratterizzati da modificazioni chimiche di proteine preesistenti che in termini biochimici sono definite modificazioni post-traslazionali. La memoria di lunga durata, invece, per instaurarsi impiega meccanismi più lenti, minuti od ore, necessari perché si basano sulla sintesi di nuove proteine. Queste macromolecole, come ci ricordano spesso anche quotidiani e riviste che si occupano della nostra salute, sono i mattoni del nostro organismo. Il cervello ne possiede in numero superiore agli altri organi perché proprio sulle proteine deve basare e continuamente rimodellare quella rete di collegamenti nervosi (ve ne sono centinaia di milioni per ogni millimetro cubo di materia cerebrale) che sono alla base della unicità di ciascuno di noi. I neurobiologi sono alla ricerca dei precisi meccanismi chimici e delle particolari proteine nella fissazione dei ricordi. Il cervello ne impiega decine di migliaia di differente natura per le sue molteplici funzioni. Quali, fra queste migliaia, sono quelle impiegate nel processo di apprendimento e memorizzazione? Negli ultimi mesi sono emerse alcune risposte di estremo interesse. Anticipiamo al lettore due acronimi che dovrà fissare nella propria memoria di lavoro per seguire meglio le prossime righe: c-Amp e Creb. Per affrontare lo studio di questi processi si è adottato un approccio che viene di norma definito con il termine di riduzionismo: analizzare organismi e sistemi più semplici ed estrapolare i risultati a sistemi nervosi più complessi. Questo approccio si basa sull'ipotesi - ormai confermata da un gran numero di reperti sperimentali - che ciò che vale per un moscerino vale anche per un elefante. Tra i due organismi vi sono numerose differenze, ma i meccanismi chimici e molecolari alla base delle loro funzioni più importanti sono molto simili, spesso identici. Poiché è più semplice studiare un mollusco o un moscerino, si è sempre preferito lasciare gli elefanti nella savana e portare in laboratorio, appunto, molluschi o moscerini. E proprio dallo studio di uno di quest'ultimi (Dro sophila melanogaster) e di altri animali dotati di sistemi nervosi semplici, giungono in questi mesi risultati che hanno permesso di identificare due sostanze che, con funzioni differenti ma integrate, svolgono un ruolo determinante nel processo di fissazione dei ricordi. Le conoscenze incominciano a essere così dettagliate che non è azzardato prevedere entro qualche anno una loro applicazione per la messa a punto di farmaci indirizzati al miglioramento delle nostre facoltà mnemoniche. Tanto per convincere il lettore della bontà dell'approccio riduzionista nello studio della memoria, inizieremo questa breve descrizione partendo dal sistema più semplice. Già una decina di anni fa, un gruppo di ricercatori americani che faceva capo a Kandell presso la Columbia University di New York e che annoverava anche taluni italiani fra i quali P.G. Montarolo, aveva messo a punto un sistema costituito da due sole cellule funzionalmente collegate fra loro. Una delle due era un neurone sensoriale, devoluto a ricevere gli stimoli, l'altro era un neurone motorio, la cui funzione è quella di emettere una risposta. Questi ricercatori dimostrarono che, in determinate condizioni, questi due neuroni erano in grado di «memorizzare» uno stimolo per molte ore. Naturalmente il ricordo non riguardava una terzina della Di vina Commedia ma uno stimolo molto più semplice, diciamo il corrispettivo di un punto o di una virgola. Il fatto sorprendente era che due sole cellule, rimosse dal ganglio di un mollusco noto come Aplysia e coltivate in una piastra di coltura, avevano ricostituito un circuito sinaptico che era in grado, non solo di permettere la comunicazione fra i due neuroni, ma anche di memorizzare quella loro scarna conversazione, basata sullo scambio di segnali elettrici trasmessi con un codice che oggi sappiamo valere tanto per i neuroni di quel mollusco quanto per quelli del nostro cervello. Nel corso di quello studio si poté dimostrare per la prima volta il ruolo fondamentale che svolge nel processo di memorizzazione un composto noto come adenosin-monofosfato ciclico o c-Amp. Questa sostanza appartiene alla categoria dei secondi messaggeri cioè di molecole che servono ad amplificare, all'interno della cellula, i segnali (detti primi messaggeri) che provengono dal mondo esterno. Il fatto che il c-Amp svolgesse un ruolo cruciale fu in seguito confermato estendendo queste ricerche alla Drosophila melanogaster, particolarmente impiegate dai genetisti per la possibilità di manipolarle geneticamente e di studiarne il comportamento. Si osservò che mutanti di Dro sophila incapaci di generare o di demolire il c-Amp, presentavano profondi deficit nelle capacità di apprendimento e memorizzazione. In questa progressione di studi dal più semplice al più complesso non potevano mancare i topi, usuali rappresentanti sperimentali dei mammiferi. La generazione di topi transgenici, nei quali cioè si era indotta, tramite la manipolazione del loro genoma, un'alterazione nella via metabolica che coinvolge il c-Amp, dimostrò con altre dovizie di particolari che risparmiamo al lettore non addetto ai lavori (una eccellente panoramica è pubblicata sulla rivista Cell, vol. 79, pag. 5-8) il coinvolgimento cruciale di questo secondo messaggero nella via che conduce alla fissazione dei ricordi. Eccitanti come il té o il caffè stimolano le nostre capacità intellettive tramite un aumento nella concentrazione, appunto, del c-Amp. Affinché un dato ricordo possa iscriversi stabilmente nei nostri neuroni è necessaria la sintesi di nuove proteine su istruzione dei geni presenti nel nucleo di ogni cellula. Ora, il c- Amp svolge un importante ruolo di raccordo fra i geni e gli eventi elettrici che si verificano a livello dei collegamenti nervosi. Ma il c-Amp (le cose non sono mai semplici) non agisce direttamente sui geni, ma tramite una proteina, Creb, il cui acronimo sta appunto a significare in inglese questa funzione di intermediaria fra il c-Amp ed i geni. La sfida che ora attende i neurobiologi è quella di identificare il complesso di proteine che, sintetizzate sotto l'influenza del complesso c-Amp-Creb, è devoluto a fissare i ricordi per giorni, mesi od anni. Possiamo anticipare che alcune di queste proteine sono già nelle mani dei ricercatori. In sostanza, con il procedere a ritmo sempre più accelerato che caratterizza gli studi nelle scienze medico-biologiche odierne (con l'Italia e i suoi numerosi talenti molto spesso costretta alla finestra da scarsezza di risorse e da carenze organizzative) si vanno delineando con sempre maggiore precisione i meccanismi che presiedono all'apprendimento e alla memoria cioè di quell'insieme di processi chimico-molecolari che si possono analizzare anche in singole cellule coltivate in vitro e che sono alla base della nostra personalità e unicità di esseri umani. Pietro Calissano Università di Roma a Tor Vergata

    (fonte: TUTTOSCIENZE)
     
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  2. Arseniko
     
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    leggendo questa notizia interessante mi è saltata alla mente questa idea..
    ma se si identificassero queste molecole proteiche di "memoria" sarebbe possibile classificare gli organismi con sistema nervoso in organismi che ricordano o meno? e evolutivamente sarebbe possibile individuare con più precisione una data d'inizio del pensiero ragionato inteso come "ricordo" delle esperienze vissute in funzione della presenza o meno di tali geni per tali proteine in un organismo piuttosto che un altro?
    fantastico troppo?
    saluti
     
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    interessante la tua argomentazione. io ci aggiungerei questo: se si riuscisse, come dici tu, a scoprire quando si è evoluto il pensiero (quello che conosciamo oggi) ma soprattutto le proteine e di conseguenza i geni coinvolti, potrebbero esserci preziose implicazioni farmaceutiche, come si evince anche dall'articolo. Se così fosse mi sorge il dubbio sulle possibili applicazioni perchè mentre per le malattie si usano farmaci per curare...eventuali farmaci mnemotici potrebbero essere usati per manipolare i meccaniscmi della memoria.
     
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  4. Arseniko
     
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    quello che tu dici mi fa pensare subito alla sfera affettiva e in particolare ai disturbi emozionali come la depressione. mi immagino se si potesse ristabilire l'equilibrio interrotto da una paura immotivata.
    mi ricorda un pò un film che ho visto che si chiamava paycheck con ben affleck.
     
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    sarebbe una cosa molto positiva e magari si potrebbero arginare o addirittura guarire disturbi come (oltre la depressione), l'ansietà, crisi di panico, etc perchè si potrebbero creare farmaci mirati contro queste proteine e inoltre creare farmaci che "esaltino" i ricordi positvi perchè si sà che la felicità, il buon umore fa bene alla salute. Ammetto che il mio pensiero è un po' fantasioso ma è proprio questa caratteristica che ha reso l'uomo creatore di invenzioni.
     
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  6. Arseniko
     
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    si concordo, ma farmaci di questo tipo diverrebbero d'abuso in men che non si dica, immagina se ci fosse un farmaco del genere che mercato nero potrbbe generare. il loro rilascio dovrebbe essere piu controllato che il rilascio di morfina..
     
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    si, purtroppo questo è vero e (forse ingenuamente) mi chiedo chi possa essere così stolto da usare i prodotti della Scienza a scopi non benefici. penso che se davvero un giorno si potessero creare questi farmaci, l'impatto bioetico sarebbe piuttosto pesante (un po' come con le staminali embrionali).
     
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  8. Arseniko
     
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    gia infatti la vedo anche io cosi, però una cosa del genere mi fa piu paura delle staminali, perchè qui si va a toccare la sfera della personalità di una persona, perche ognuno avrebbe voglia di "mentire a se stesso" manipolando i suoi ricordi e risolvendo le sue insicurezze..
    parlo del fatto che tutti vorremmo sentirci in grado di fare qualsiasi cosa, e non trovando difficoltà per raggiungere un obbiettivo questo perderebbe significato, secondo me in una situazione del genere si arriverebbe al paradosso di sviluppare forme depressive ancora piu forti... ma sto ragionando per assurdo..
    come vedi quando inizio a fantasticare mi fermo difficilmente...


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    già, queto è un punto importante che hai detto. La gratificazione che comporta il raggiungimento di un obbiettivo crea piacere perchè da soli si è potuta trovare la forza per farcela e abbattere queste batrriere significherebbe (sempre secondo me) privare l'individuo di alcuni piaceri fondamentali, insiti nella vita stessa. E poi la mente, il cervello è un universo ancora così inesplorato che forse è un po' azzadato pensare ora di fare certi farmaci. Prima conviene sempre conoscere il terreno su cui costruire un edificio in modo da evitare inutili danni.
    Arseniko mi sa che qui stiamo andando un po sulla Psicologia anzi direi PsicoBiologia!
     
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  10. Arseniko
     
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    heheheheh già... stiamo fuorviando alla grande! meglo tornare a qualcosa di più concreto..
     
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  11. Foster83
     
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    Ragazzi che discorsi complicati.. non riesco a starvi dietro...
     
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10 replies since 9/4/2005, 22:02   287 views
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