FORUMBIO ~ il Forum sulla Biologia ©

Posts written by Tursiops

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    Ciao Fede, benvenuto! :welcomeani.gif:
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    Ciao Andrea, benvenuto in questo caro e vecchio forum!
    Di cosa ti occupo e che passioni hai?
    Ci si legge in giro!

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    Ciao Yusu :welcomeani.gif:

    Secondo me, con una buona preparazione, potresti affrontare il test di ingresso.
    Ti auguro il meglio e facci sapere come va!

    Un caro saluto :bye1.gif:
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    Ciao Ilenia,
    grazie per averci contattato, spero che qualcuno risponda.
    Se vuoi spiegarci qualcosa in più sentiti libera di aprire discussioni ad hoc.
    Io lavoro anche in ambito biotech ma per ora non sono interessato al mondo del Management in questo settore.
    Grazie e a presto,

    Samuele
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    Ciao _biodoc_
    L'iscrizione all'albo serve per esercitare la professione di biologo in ambito di erogazione servizi pubblici. Che io sappia, almeno ai miei tempi, era quindi necessaria l'iscrizione nel settore biochimico-clinico. O nei casi di laboratori privati ma si tratta pur sempre di analisi.
    Per tutto il resto (dal tecnico di laboratorio al ricercatore ecc) non è richiesto.
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    Ciao Kriss e benvenuta!
    Prova a dare un occhio a questa discussione: https://biologia.forumcommunity.net/?t=11252573&st=15

    Se hai qualche foto puoi caricarle cliccando l'icona "FFUPLOAD" di fianco a quella delle emoticon.
    Grazie!
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    Ciao Elisa, si hai ragione, grazie! concordo con te sul fatto che sia una larva "coda di topo" di insetti Sirfidi (Ditteri). Sono innocue. Probabilmente essendo al pinao terra si sono create condizioni fognarie tali per cui si sia infiltrata nei condotto. E' una ipotesi
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    Ciao Elisa!
    Che strana forma, potrebbe essere come questo se lo hai visto più vicino? https://medicalxpress.com/news/2017-07-sto...l-miracles.html

    A che piano abiti? Ti è mai successo prima d'ora?

    Grazie!
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    Catania, 27 ottobre 2021 - In questi giorni si sente molto parlare di un fenomeno conosciuto da alcuni decenni ma che è tutt'oggi in fase di studio e comprensione. Ci riferiamo agli uragani che accadono nel Mediterraneo ossia i Medicanes. Si tratta di eventi meteo-climatici naturali di tipo TLC ossia Tropical-Like-Cyclone.
    Dal 1947 si sono classificati ufficialmente almeno 63 Medicanes. Tali uragani. o tempeste, raggiungono tipicamente una forza di categoria 1 e anche 2 (ossia con venti che soffiano a velocità in grado di raggiungere i 177 Km/h secondo la scala Saffir-Simpson). I principali pericoli, come tutti gli uragani, sono dovuti alle forti piogge torrenziali (i famosi nubifragi, acquazzoni) che causano alluvioni anche improvvise e devastanti.
    Il periodo di formazione e sviluppo di questi Medicanes varia durante tutto l'anno con picchi tipicamente stagionali che si verificano tra settembre e dicembre. Purtroppo nessuna agenzia con compiti meteorologici, tuttavia, è ufficialmente responsabile del monitoraggio della formazione e dello sviluppo dei Medicanes, nonché della loro denominazione.
    Vi sono due regioni principali adatte sinotticamente alla formazione dei Medicanes: il Mediterraneo Occidentale (la zona delle isole Baleari) e il Mediterraneo Centro-Meridionale (tra Sardegna, Sicilia, Mar Adriatico, Mar Ionio, Grecia, Libia).
    I parametri che influiscono e modulano la ciclogenesi e l'evoluzione dei Medicanes sono: la dinamica della troposfera, la SST (temperatura della superficie del mare), le correnti a getto, le incursioni di aria fredda, l'umidità, l'orografia (l'interazione tra le catene montuose e l'atmosfera), gli indici teleconnettivi come NAO e ENSO, l'attività solare, i raggi cosmici. A tutt'oggi non esistono modelli in grado di definire un andamento futuro di questi eventi.
    In generale, la maggior parte dei Medicanes mantiene un raggio da 70 a 200 km, dura da 12 ore a 5/6 giorni, percorre una rotta da 700 a 3.000 km, sviluppa un occhio per meno di 72 ore e presentano velocità del vento fino a 177 km/h.
    Osserviamo le statistiche. Qui sotto viene riportata la distribuzione delle tempeste nel Mediterraneo per mese e per decade:

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    Nel 1969 sono stati 600 (seicento) circa i morti per un evento di Medicane.

    Diverse decine sono gli studi e le ricerche scientifiche che si occupano di comprendere meglio il fenomeno naturale estremo dei Medicanes, fenomeno che è citato anche nel libro "ELIOGEOSISMOLOGIA (EGS)". Qui sotto un poster relativo a tale argomento:

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    COSA E' SUCCESSO A CATANIA?
    Catania, quindi la costa ionica della Sicilia, è stata investita da un tipico Medicane.
    I segnali di questo ciclone simil-tropicale erano già presenti pochi giorni prima come possiamo notare da queste immagine satellitari della NASA (dal 24/10 al 27/10):

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    Qui sotto invece è immortalata la situazione del Medicane fino alle 09.45 UTC del 28 ottobre 2021:

    Immagine 2021-10-28 131207jpg

    E' ancora presto per definire l'entità del Medicane anche se dai primi dati parrebbe essere un TLC di categoria 1, quindi un evento meteo-climatico estremo ma nella norma di questi fenomeni.

    E' GIA' ACCADUTO IN PASSATO?
    La risposta a questa domanda è affermativa. Più volte sono accaduti questi eventi, ma non solo, più volte il Sud Italia, la Sicilia e altre zone della nostra Penisola sono state colpite da alluvioni devastanti. Qui sotto una immagine tratta da una pubblicazione del ministero dell'ambiente italiano. Dal 1951 si conoscono alla perfezione gli eventi naturali estremi alluvionali (quindi anche i Medicanes) che affliggono l'Italia, con l'aggravante delle instabilità idrogeologiche tipiche di molte aree.

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    Qui di seguito la mappa delle zone più soggette a alluvioni conseguenti gli eventi naturali estremi (medicanes, nubifragi, acquazzoni, esondazioni, ecc.). In rosso le zone risapute essere a maggior rischio idrogeologico:

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    Qui sotto invece le aree più soggette a alluvioni in Europa e relativi andamenti stagionali (meteo-climatici):

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    QUALE E' STATO IL RUOLO DEI MASS MEDIA?
    Come quasi sempre accade, la stragrande maggioranza dei mezzi di comunicazione (tg, radio, giornali) hanno fatto solo inutile e deleterio terrorismo mediatico. Esasperando una situazione tipica (seppur poco frequente) di questa stagione e omettendo che la colpa dei danni dei nubifragi e quindi del Medicane sia da imputare solo ed esclusivamente al fattore antropico. Nello specifico alle amministrazioni politiche locali, regionali e statali che pur sapendo con anticipo e pur essendo informate su tali eventi, non hanno fatto nulla per prevenire e prevedere l'ennesimo disastro, l'ennesima tragedia annunciata. Ecco di seguito alcune prove di quanto asserito:

    "Nubifragi a Catania e a Messina" - 13 novembre 1984:

    Immagine 2021-10-27 112547jpg

    E ancora "L'Italia sconvolta dalla furia del tempo. Le vittime dei nubifragi sono una trentina" - 3 settembre 1965:

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    Decine sono gli articoli del passato sia lontano che recente che hanno costellato le cronache nere del nostro Paese.
    Il procurato allarme e il terrorismo mediatico di certe "testate" giornalistiche lascia davvero basiti perchè si nota la palese malafede (foto reale con l'aggiunta a posteriori della scritta Fake News):

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    Come la vera scienza ha dimostrato infatti, questi fenomeni naturali estremi sono conosciuti e già accaduti più e più volte in passato, sebbene con frequenze minime rispetto agli altri nubifragi. Come si evince dal titolo, è falso che sia la prima volta! In realtà è dal 1947 almeno che si sono susseguiti Medicanes di categoria sia 1 che 2 come citato precedentemente in questo stesso articolo.
    Proseguiamo con le notizie di cronaca del tutto simili a tale situazione ma accadute in passato:

    Nubifragi a Benvento (15 ottobre 2015):

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    La grande alluvione a sud di Ancona (settembre 2006):

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    Devastante alluvione a Messina (1 ottobre 2009):

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    LO STATO DELL'ARTE
    Gli eventi naturali estremi fanno parte della normale e naturale dinamica del clima - che dipende dal Sole - e del meteo (le condizioni atmosferiche che accadono in un breve lasso di tempo e in uno spazio ristretto su scala regionale). Gli effetti degli eventi meteorologici (non le cause) sono dipendenti dai fattori antropici come l'inquinamento, l'urbanizzazione, la carenza di manutenzione (pulizia idraulica e fognaria), l'abuso edilizio, la tombinatura di corsi d'acqua e la costruzione di case e quartieri dove NON SI SAREBBE DOVUTO COSTRUIRE, ma sappiamo tutti che il triangolo "criminalità-finanza-politica" è assai arduo da sciogliere...

    COME EVOLVERA' LA SITUAZIONE?
    Stando alle stime di AccuWeather, questo fine settimana (sabato e domenica) la situazione dovrebbe migliorare. Lo speriamo tutti. Questo ci insegna che la Natura farà sempre il suo corso, ma la colpa delle tragedie è esclusivamente dell'uomo e ancora una volta i responsabili vanno ricercati in quel triangolo maledetto.

    28 ott 2021

    fonte: https://www.metabioevoluzione.science/blog...dempienza-umana
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    Prepariamoci a tutto, anche al peggio. Perché il segnale arrivato ieri da Roma non lascia scampo all’immaginazione. Il popolo non conta e non deve contare nulla.
    E se mai contasse, allora va depistato: ignorate e delegittimate dopo quasi due anni di civile e (a tratti persino) gandhiana opposizione democratica, le piazze italiane gremite da centinaia di migliaia di pacifici manifestanti sono state catapultate nel baratro più bieco della strategia della tensione, con uno schiocco di dita, ad orologeria, scandito al momento opportuno.
    Mentre si quisquiglia su semestre bianco, Draghi al Quirinale ed elezioni (con Green Pass?) 2023, è bastata qualche carica d’alleggerimento, il lancio di candelotti lacrimogeni e lo sfondamento del presidiato portone del (fu) sindacato dei (fu) lavoratori per riuscire a rispolverare di gran cassa un adagio antico, noto e sempre pronto all’uso, tanto caro ai burattinai della Prima Repubblica che nella contrapposizione violenta, eversiva e manovrata ‘estrema destra Versus estrema sinistra’ hanno allegramente edificato la legittimazione di un sistema parassitario e subdolo.
    Cliché reazionario di cui oggi, instaurato un distopico scenario inedito, il neo-liberismo della tecno-dittatura sanitaria mondialista si dichiara felice e disposto a nutrirsene, strumentalizzando senza scrupoli famiglie, anziani, disoccupati e lavoratori indifesi pur di depistare, passando all’allegro incasso del Grande Reset nel generale disorientamento. Come se, poi, ci fosse difficile puntellare le trame del vampiresco e criminale disegno in atto.
    Ci sta passando sopra di tutto. Dai coprifuoco intermittenti ai collettivi arresti domiciliari coatti mascherati in lockdown. Dai distanziamenti fisici alle chiusure di chiese, uffici, fabbriche e scuole, dall’obbligo vaccinale per sanitari e medici (per reati d’opinione, alcuni radiati persino dall’Ordine), fino ai tamponi (prima gratuiti per aggregare falsi positivi) oggi da saldare in cassa almeno due volte a settimana. Per non dire dalla certificazione verde in QR Code modello Credito Sociale cinese, da venerdì indispensabile per esercitare l’art. 1 della (fu) Costituzione, pena la sospensione di stipendio e posto di lavoro. Senza poi dimenticarci, non ce ne voglia il Generale Figliuolo, l’imminente terza dose di un (nano-magnetico) siero genico sperimentale, per la vulgata narrativa slegato dalle migliaia di vittime, ovviamente senza nesso nè correlazione (ci mancherebbe, caspita).
    Ci sta passando sopra di tutto, ogni cosa sopra le nostre teste ma, come nel ribellismo generazionale anni ’70, anche nel Terzo Millennio c’è chi invita alla mobilitazione reazionaria gettando benzina sugli opposti estremismi, l’anaciclosi del divide et impera. Evidente strategia della tensione, utile per tappare la bocca alle piazze nelle delegittimazione di squadrismi, teste rotte e arresti gratuiti eseguiti nel mucchio. Nonostante siano in arrivo spaventose restrizioni da cui sarà impossibile sottrarcene, ancora più feroci e infime di quelle già subite per una crisi sanitaria ora al fisiologico viatico: su tutti i cambiamenti climatici (in Cina già lockdown ambientali), disoccupazione di massa (dal 2018 l’OCSE dice che in Italia un posto di lavoro su due sarà riconvertito in automazione e robotica transumanista), affermazione del capitalismo della sorveglianza (con la società cibernetica delle reti 5G, controllo permanente e ubiquitario della società, riconoscimento facciale, antenne pure dallo spazio e 61 V/m d’elettrosmog), grande carestia (impennata dei prezzi per petrolio, gas, elettricità, grano e materie prime) e perdita della proprietà privata (dal pignoramento di conti correnti bancari a quello delle abitazioni, passando dalla moneta elettronica al reddito di cittadinanza universale con Identità digitale). Le libertà e i diritti sono ormai desueti, come presto lo diventeranno anche gli stati nazionali, roba dell’Ottocento.
    L’agenda 2020-2030 sta seguendo il suo corso in assoluta coerenza coi propri obiettivi ‘illuminati’, tra grossolani inciampi ma senza commettere errori fondamentali, predisposta al dettaglio una reazione ad hoc per qualsiasi tipo di azione, forte di una tentacolare intelaiatura costruita su ogni pezzetto della società civile, religiosa e militare. Anche grazie alla caccia alle streghe 2.0, agli infiltrati, doppiogiochisti, faccendieri e ai troll, a chi se ne sta in prima persona facendo interprete, più o meno ignaro, perseguendola a viso, più o meno, scoperto. Ma pure grazie a chi la nuova inquisizione la alimenta dietro le quinte e nel mainstream con l’odio atavico, la censura, l’assenza di dibattito e la calunnia, fomentandone con collaborazionistica complicità il risultato finale sotto gli occhi di ognuno. Nei social, in TV come nella vita reale. Non è più un mistero. Nulla sarà più come prima: le piazze vanno sgonfiate. Sapevatelo!

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    Arrivano le Porte dell’Inferno di Auguste Rodin che saranno esposte al Quirinale a partire dal prossimo 15 ottobre, giorno in cui scatterà il green pass. E subito i complottisti ci han visto chissà cosa. Ma è ovvio che l’opera è stata esposta in occasione del settecentenario dantesco, anche se l’anniversario della morte di Dante cadrebbe a settembre e il “Dantedì” cadrebbe il 25 marzo giorno in cui il Poeta si sarebbe perso nella Selva Oscura: siamo italiani, facciamo tutto in ritardo. E’ ovviamente un caso che fra tutti gli artisti che si sono ispirati a Dante, da Botticelli a Salvador Dalì passando per Gustave Doré, si sia scelto proprio Auguste Rodin, noto per l’amicizia che lo legava al satanista Aleister Crowley. Ovviamente è un caso che la mostra sia al Quirinale, antica residenza dei papi. Tutto un caso, ovviamente, perché dobbiamo sempre pensare male, da complottisti.

    Certo è che vi sono diversi altri casi che sono stati dettati da scelte certamente infelici: ad esempio la mostra su Cartagine al Colosseo nel 2019 nella quale fu esposto il famoso Moloch usato da Giovanni Pastrone per il film “Cabiria” del 1914: i fedeli cattolici si sono scandalizzati perché nel luogo ove furono martirizzati i primi cristiani è stata esposta la statua del dio al quale i cartaginesi sacrificavano bambini vedendoci chissà che cosa: è il simbolo dell’antica civiltà alla quale è dedicata la mostra, suvvia, non facciamo i politicamente corretti. Però Cartagine ha anche altri simboli, forse più riconoscibili e meno inquietanti, ad esempio un bell’Annibale sull’elefante. Certo, è un caso, ma perché Moloch e non Annibale?

    E sempre al Moloch di “Cabiria” è ispirata l’entrata di Cinecittà World, il nuovo parco dei divertimenti a cinecittà. E’ ovvio che è un caso, l’entrata è ispirata ad un film e il parco dei divertimenti riguarda il cinema. Ma, mi chiedo, non c’erano altre scenografie cui ispirarsi? Più che altro perché vedere dei bambini entrare nella bocca di una divinità che anticamente li divorava risulta un filino disturbante.

    E andando indietro sino al 2016 anche l’inaugurazione del San Gottardo non lascia indifferenti con quel tripudio di caproni, angeli infernali e riti di origine sessuale. Certo, i complottisti sono paranoici, ma non c’era nulla di meglio?

    Ma dai, non esageriamo, e comunque in fondo i satanisti sono dei bravi ragazzi che si battono contro i fondamentalisti evangelici e comunque ora che il satanismo è stato riconosciuto come religione negli Stati Uniti che male ci sarebbe in questi simboli?

    Fin qui siamo stati ironici, ma ricordiamo anche che Sherlock Holmes diceva una cosa fondamentale: due indizi fanno una prova. E nella sola Roma, città comunque simbolo della cristianità, abbiamo i due Moloch al Colosseo e Cinecittà e le Porte dell’Inferno di Rodin. Come detto questi simboli sono certamente legati al tema delle mostre, che però avevano anche altre immagini simboliche a disposizione, meno inquietanti e più famose.

    Le Porte dell’Inferno di Rodin sono certamente legate a Dante, perché lo scultore francese si ispirò alla Divina Commedia (non molti sanno che il celeberrimo Pensatore rappresenterebbe in realtà Dante in meditazione proprio davanti alle porte dell’inferno), ma tra tutte le opere ispirate al poema dantesco si sceglie proprio quella di un esoterista e, se vogliamo, si lascia a casa l’opera che rappresenta Dante che sarebbe la più famosa delle due.

    Suggestione che però si aggiunge a tante altre suggestioni di natura non proprio positiva. I complottisti esagereranno anche, ma la moltiplicazione di simbologie negative qua e là anche quando non ce ne sarebbe bisogno presentate come cosa trendy e sommate ad un certo sdoganamento mediatico di tutto ciò che è negativo e infero non fa pensare bene. E, come diceva il Divo Giulio, a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si indovina.

    E se su certi ambienti altolocati della politica avesse avuto ragione Stanley Kubrick prima di morire improvvisamente?

    Ma forse sono solo fantasie di chi ha letto troppi libri, visto troppi film…

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    Fonte: Massimo Fini

    Fra le varie forme di globalizzazione che ci funestano adesso c’è anche quella dell’ipocrisia. Al genere appartiene il Global Citizen Live che chiede la fine della povertà estrema entro il 2030. È il sequel di un fenomeno cominciato nel 1985 con Live Aid e proseguito con Usa for Africa, Band Aid, Farm Aid, Ferry Aid, Consipiracy of Hope. Sono eventi cui partecipano cantanti artisti vip di ogni genere. Costoro sono le moderne “Dame di San Vincenzo” che si lavano l’anima molto a buon mercato, anzi ricavandone un vantaggio, perché è vero che i cantanti o gli artisti si esibiscono gratuitamente, ma ne hanno un ritorno in immagine e popolarità. La novità del Global Citizen Live è che, come dice il nome stesso è mondiale, passando per Sydney, Seul, Mumbai, Johannesburg, Madrid, Parigi, New York. Vi si sono esibiti, fra gli altri, Elton John, Maneskin, Coldplay, Jennifer Lopez, insomma vecchie e nuove glorie. Né potevano mancare in questa gara della nobiltà d’animo Meghan Markle e il principe Harry. Ma questi sono solo dettagli. La manifestazione è ipocrita perché non si potrà eliminare alcuna povertà, né estrema né meno estrema, se non si cambia il modello di sviluppo nato con la Rivoluzione industriale. Cosa di cui né gli artisti né il miliardo circa di coloro che hanno seguito l’evento sembrano avere consapevolezza. In questo senso, e non solo in questo, il Global Citizen Live si lega al Youth4Climate che negli stessi giorni si è tenuto a Milano con la partecipazione anche di politici fra cui Mario Draghi. Perché fa gioco farsi vedere amichevoli e consenzienti con i giovani (altra retorica insopportabile) e magari essere immortalati con le nuove star del movimento ecologista Greta Thunberg e Vanessa Nakate.

    I problemi epocali della povertà e dell’ambiente sono strettamente legati fra di loro e si sono sviluppati col modello innescato dalla Rivoluzione industriale. Partiamo da quello ambientale. Dal momento del take off, partito più o meno a metà del diciottesimo secolo in Inghilterra, l’aumento dell’emissione di CO2 è stato, in soli due secoli e mezzo, del 30 per cento. Il marcio sta quindi in quello che noi chiamiamo Sviluppo. Un politico onesto con se stesso e con i suoi elettori invece di fare promesse mirabolanti (il “bla bla” di cui parla Thunberg) dovrebbe dir loro: consumate di meno. Ma questo significherebbe anche, e soprattutto, produrre di meno. Cioè verrebbe completamente scaravoltato il modello su cui oggi viviamo che può essere sintetizzato col distico dei CPI: produci, consuma, crepa. Un politico che volesse essere ambientalista sul serio, e non solo a parole, farebbe questo discorso: io non vi prometto più viaggi ai Caraibi, migliori automobili, straordinarie innovazioni tecnologiche, al contrario propongo la riduzione di tutto questo, in cambio vi prometto più tempo per voi stessi. Negli Stati Uniti, paese di punta dell’attuale modello di sviluppo e che, in quanto tale, è il primo a produrre degli anticorpi, esistono due correnti di pensiero, il bioregionalismo e il neocomunitarismo, il cui discorso di fondo, in estrema sintesi, è il seguente: un ritorno limitato, graduale e ragionato a forme di autoproduzione e autoconsumo che passano necessariamente per un recupero della terra, depauperata in gran parte della chimica con cui con cui si crede di difenderla, e un ridimensionamento drastico dell’apparato industriale e finanziario. Ma sono correnti di pensiero che, per quanto siano autorevoli negli Usa e non totalmente ignorate come da noi, sono al momento assolutamente minoritarie. In un mondo tutto proiettato verso la crescita pensieri del genere suonano come bestemmie in Chiesa. Eppure gli ignorantissimi contadini del Medioevo, `i secoli bui`, avevano intuito la dannosità dell’uso del carbon fossile al posto della cara e vecchia legna. Ma naturalmente furono ignorati in nome del progresso.

    In quanto alla povertà, estrema e non, della cui eliminazione si fanno vessilliferi le “anime belle” del Global Citizen Live è stato proprio il sistema di sviluppo industriale a creare la straordinaria divaricazione fra paesi ricchi e paesi poveri e all’interno dei paesi dello stesso mondo occidentale. Il primo a notare questo fenomeno è stato Alexis de Tocqueville, che pur non può essere in alcun modo annoverato fra gli antimodernisti, ma è piuttosto uno dei padri dell’Illuminismo, a notare nel suo libro Il pauperismo che è del 1835 questo straordinario fenomeno. Scrive infatti Tocqueville: “Allorché si percorrono le diverse regioni d’Europa, si resta impressionati da uno spettacolo veramente strano, e all’apparenza inesplicabile. I paesi reputati come i più miserabili sono quelli dove, in realtà, si conta il minor numero di indigenti, mentre tra le nazioni che tutti ammirano per la loro opulenza, una parte della popolazione è costretta, per vivere, a ricorrere all’elemosina dell’altra”. Del resto nel Medioevo europeo i poveri rappresentavano l’1 per cento della popolazione, ed erano tali per loro scelta, come oggi certi clochard.

    Bene, dirà il lettore, se ci sono più poveri al mondo ci dovrebbe essere almeno meno inquinamento perché i poveri consumano meno. Ma non è così perché la loro povertà è compensata, per così dire, dagli enormi consumi dei ricchi, diventati sempre più ricchi, e dei benestanti.

    Il Covid avrebbe potuto essere una straordinaria occasione per un cambiamento di rotta. Ci eravamo abituati, per necessità, a consumare di meno e ad abbandonare l’enorme superfluo che ci circonda. Ma si vedono già le avvisaglie che non andrà così. Continueremo a correre, correre, correre, inseguendo il mito della Crescita finché non finiremo per spiaccicarci contro il Limite che esiste in tutte le cose, umane e non umane (“in ogni principio è contenuta la sua fine”, Eliot). I dinosauri scomparvero perché erano troppo grossi. Noi, con le nostre propaggini tecnologiche siamo diventati i dinosauri di oggi. La Natura ci sbatterà fuori.
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    Fonte: Lorenzo Merlo

    Come per il pesce

    Forse il pettine sta stringendo nodi da tempo attesi da qualcuno, inattesi da molti. Si mostrano espressioni che nulla hanno a che vedere con la matrice culturale che ci avviluppa e gestisce le sinapsi. Ne sono un’opposizione, visto che ne implicano una critica. Espressioni eterodosse nei confronti di ciò che abbiamo appreso, studiato, voluto, alimentato, e trasmesso. Nei confronti della pellicolare superficie dell’umana potenza creativa.

    Non si tratta di un cambio di registro classificabile sotto la formula “novità”. Uno strillo inflazionato, ordinariamente impiegato dalla società dello spettacolo (pubblicità, informazione, cultura, commercio), obbligata a fare uso a dosi crescenti pur di tirare avanti la consumistica messinscena.

    Riguarda semmai il cosiddetto cambio di paradigma, nel cui cuore si trova una critica all’assolutismo del materialismo. Una realtà tanto strutturale delle nostre costituzioni da rendersi normalmente invisibile. Se, non ha senso al pesce cosa ne pensa dell’acqua, ne ha a chi ha preso coscienza che quell’acqua, ci struttura, ci compone, ci limita. Resterà il docile bue sotto il giogo una volta presa coscienza della propria potenza? Una volta presa coscienza di sé?

    Ma la critica al materialismo non è per niente una novità. Quella finora espressa dalla narrazione condivisa è stata perlopiù intellettual-speculativa. Limitata al campo del sapere cognitivo: niente d’incarnato, di estetico, di radicale. Di carnale, in senso costitutivo. In quanto si esprime nei sentimenti, nel fare, nel pensare, nel concepire.

    Insieme al materialismo, fanno corpo il razionalismo, il meccanicismo e lo scientismo. Territori atrocemente disumani in cui gli individui sono facili prede di superstizioni, incantesimi ed effimeri valori. Destinati così alla perdizione. Il culto dell’avere e quello della tecnologia hanno eletto ad universale il progresso materiale. Abbindolate come i primitivi dagli specchietti, ignare di sé, le persone si sono buttate a testa bassa e gomiti alti nella corsa all’oro. Il successo plebiscitario l’ha resa tanto efficace traino cultural-politico, quanto solida matrice di tutta l’intelligenza messa in campo per il podio. Ma la dedizione richiesta da quel processo ha svuotato di energie vitali tanto la cultura quanto la politica. Lasciandoci ruotare come blasfemi sufi in una spirale, senza apparente via d’uscita. Proprio come per il pesce.

    Nessuna novità

    Se le ragioni storiche del dominio del materialismo sono a disposizione di qualunque onestà intellettuale e se tutti possono osservare che le epoche storiche, di qualunque stirpe si voglia, scaturiscono per opposto, quei segni nuovi, inizialmente citati, in via di moltiplicazione, fanno auspicare e immaginare l’avvicendamento alla genia del materialismo. Non si tratta di ucciderlo, solo di declassificarlo a relativo e strumentale. Relativo come opposto ad assoluto e strumentale in quanto, tanto funzionale alla vita amministrativa, quanto disastroso in quella relazionale.

    L’urbanistica storica del materialismo e le sue architetture pare stiano scricchiolando sotto il peso di crescenti consapevolezze che ne riconoscono il limite operativo e il vincolo creativo. Prese di coscienza sostanziali che riguardano l’io e il sé, il prossimo e la società, l’educazione e il benessere profondo, il lavoro come campo dei nostri talenti, l’ambiente non più come oggetto da preservare ma come habitat relazionale di noi stessi, la terra come organismo, la vita come dono. Cose vecchie rimaste impopolari. O massacrate dai canoni delle religioni. Ne aveva parlato la caverna di Platone, più anticamente i Veda, i Toltechi, Zoroastro e, più recentemente, Cristo. Naturalmente anche molti altri, ma tutti zittiti dalla storia e dalla vulgata, evidentemente inette alla cruna dell’ago. Visioni rimaste a narrazione d’appendice relegate nelle pieghe delle vicende umane. Mortificate ma mai del tutto sopite. Il respiro esoterico le proteggeva rendendole occulte ai più. Questi equivocavano e fraintendevano. E non perdevano occasione di deridere e torturare chi non abiurava simili fandonie. Miracoli, piombo che diventa oro, resurrezione, autoguarigione, chiaroveggenza, via! Tutto ammassato nella fossa comune del razionalismo, del materialismo, della verità ortodossa. Modalità utile per governare più che per far crescere popoli e società.



    Arcobaleno. Ma di cartone

    Il Potere temporale dei papi fu atroce campione in carica per molti anni. L’Illuminismo permise di radunare idee che condussero le politiche dagli Stati personali agli Stati nazione. Poi, la sua vulgata che, da allora, ha inseminato di sé ogni capillare della cultura. Fino al punto che sii razionale è il monito che tutti pronunciano senza timore di sbagliare. Cultura che, così inebriata dalla novità che la liberava dai demoni delle tradizioni sapienziali, non ha esitato a gettar via il sudicio passato, senza accorgersi del bambino di conoscenza che vi era in mezzo. Quindi, l’apoteosi della Scienza. Così inebriata di sé da perdere di vista immediatamente l’autoreferenzialità da cui era nata. La Rivoluzione industriale sorse di lì a poco, nutrita da nient’altro che da materia, prima o seconda non cambia. Con quei prodromi appena detti, si trovò al galoppo sui cavalli alati della verità finalmente trovata. Prese possesso del concetto di progresso. Una vicenda ancora in essere che ebbe come irripetibile caricatura materialistica il Tina (There is no alternative) della ferrea Lady.

    Lo scientismo, ovvero la scienza come sola sede della verità, come sola autentica indagine del reale che meriti rispetto e guidi degnamente il sapere degli uomini, nonostante l’avversione degli scienziati, si attestò sul gradino più alto della verità. Quello al quale tutti gli uomini, e anche i dentifrici – che sono infatti scientificamente testati – guardavano con ammirazione, finalmente sereni d’aver trovato ciò che da sempre l’uomo andava cercando. Per un buon tempo, perfino gli umanisti provarono cocciutamente a trovare la quadratura tra umanità e modello scientifico. La Tecnologia, figlia della Scienza ha avuto vita facile. Nella sua discesa verso noi si è capillarizzata senza incontrare ostacolo alcuno e ha monopolizzato le menti. Tutti giocano con il nuovo dispositivo che non gli fa più sbagliare strada, che dice che ora é a Ulaanbaatar, che gli calcola interessi degli investimenti e permette di fare on line ciò che prima richiedeva le gambe. “E che risparmio di tempo, ragazzi”. Del suo lato B, della dipendenza che implica e relativa assuefazione e patologie, naturalmente nessun accenno da parte dei nostri amati commercianti, della nostra amata informazione.



    Vita virtuale

    Se prima gli attrezzi analogici venivano usati e posati a fine servizio, ora quelli digitali, surrogati di affetto e assuefatori di attenzione, bruciano l’energia creativa e permangono in noi, scimmia sulla schiena di ogni dipendenza. La permanente attesa di novità come sola soddisfazione entro un orizzonte vuoto di progetti autentici, e la compulsiva masturbazione digito-tattile sono di pari tossico peso solo allo stretto tempo con il quale con reiterata famelicità si consuma tanto la news pubblica o privata, quanto l’algida e ossessiva palpazione di uno smart-qualcosa.

    Il ciclo desiderio-soddisfazione-desiderio ha subito un’accelerazione. In tempo analogico era già spiritualmente esiziale. Nonostante ciò celebrato dalle politiche economiche in quanto motore del commercio, quindi del Pil e del suo benessere. Ora, nel tunnel digitale, alla concezione della vita e di sé più ho meglio è si affacciano psico-patologie legate alla stabilità individuale, al senso di sé. L’equilibrio emozionale necessario a costruire persone compiute, che sappiano sentire se stesse per trovare la strada, per educare se stesse dai propri errori, è venuto meno. È venuto liquido. L’effimero e l’apparenza, nonché i modelli unici che vi sono veicolati, sono aspetti che accompagnano l’infanzia e la crescita delle persone. Sono diavoli che intralciano il riconoscimento della propria dimensione, direzione, identità. Sono voluttuose sirene che favoriscono il transito di valori e di pensieri funzionali al controllo esogeno delle nostre vite e al consumo di merci ad obsolescenza programmata. Entrambi destini scelti per noi prodotti dai detentori della comunicazione. Che umanesimo può venire fuori da questa matrice dai tratti industriali a controllo digitale? Che può restare della cultura analogica, la cui fondamentale caratteristica costitutiva era di essere sempre a misura d’uomo?







    Il punto

    E questo è il punto. Si va nella direzione opposta a ciò che serve agli uomini per escogitare una modalità di società che sia progressivamente libera dai conflitti. Da ciò che gli serve per evolvere. Un’evoluzione che nulla ha a che vedere con il cosiddetto progresso. Essa riguarda il riconoscimento di sé, ovvero di quella natura universale che impedisce di sviluppare politiche ed idee di sopraffazione, di alienazione, di infelicità, malesseri e malattie. Se prima l’identità aveva la cultura nazionale come solido plinto d’appoggio, ora siede sul ribollire di attrazioni che non riconosce ma ritiene necessario inseguire. La rincorsa è permanente, il nichilismo la affianca. Finirà sfiancata e facile preda disposta a tutto per una sopravvivenza vuota, nella quale i poteri e i talenti latenti di ognuno non avranno più le doti per affacciarsi agli uomini che hanno accettato di sottostare a condizioni di vita schiavistiche in cambio di un benefit. Che hanno lasciato l’infinito che siamo in cambio di una sua edulcorata scheggia.



    Dove corrono i cavalli

    Inconsapevoli della propria autoreferenzialità, ciò che scienza e materialismo riescono a misurare con il loro strumentini e ragionamentini diviene realtà, il resto dell’infinito semplicemente non esiste. Ma è proprio oltre la loro reificazione che si trova l’uomo. Le coordinate cartesiane possono rappresentarne le forme ma non hanno competenze per tracciarne lo spirito. Scienza e materialismo non sanno che tutto si genera per amore e che l’interesse personale ne inficia il valore, la bellezza, la qualità. E così, spogliarsi degli orpelli culturali entro i quali nascondiamo noi stessi, ai quali ci sentiamo sottomessi, fino all’incapacità e all’impotenza di mostrarci per quello che siamo, ci è impedito. Avvolti dalle fascinose sirene dei vizi capitali non sappiamo riconoscere le energie che emettiamo, né quelle emesse dal prossimo. Privi della basilare sensibilità della vibrazione della vita sopperiamo con la brutalità in tutte le sue forme e modi.

    La realtà esaurita nella sua materialità e forma è come un film osservato da un bimbo preoccupato per gli indiani che muoiono. Identificarsi in esso è ciò che ci vincola ad una condizione del tutto estranea alle potenzialità di serenità e benessere che abbiamo. È necessario prendere le distanze dalla realtà con la quale ci siamo identificati, è necessario riconoscere le occulte identicità tra noi piuttosto che le evidenti differenze. Necessario riconoscere che siamo dei Truman Burbank. Che i saperi cognitivi uccidono la conoscenza. Che questa è già in noi. Perché se non lo faremo seguiteremo, a testa alta e petto in fuori per mostrare la collezione di mostrine, ad avanzare nella direzione opposta a dove corrono i cavalli.
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    Fonte: Il Pedante

    Dal prossimo 15 ottobre diventerà obbligatorio sottoporsi a un trattamento sanitario invasivo, un tampone faringeo o un'iniezione ripetuti nel tempo, per poter svolgere un lavoro nel nostro Paese. Ormai non fa quasi più effetto osservare che si tratta di una misura senza riscontri nella nostra storia, nel mondo, nella storia del mondo. È bastato infatti un anno e mezzo di deroghe continue alle consuetudini e alle leggi per fare dell'eccezione un'abitudine e dell'inconcepibile una norma. Se per molti la desiderabilità del fine enunciato, di frenare il diffondersi di una malattia, può motivare ogni mezzo, altri hanno invece contestato l'utilità e la liceità della decisione e, ancora una volta, i cittadini si sono divisi in un conflitto dove gli uni vanno all'attacco con tutto l'arsenale offerto dai potentati della politica e dell'informazione, gli altri si difendono alla disperata, come possono.

    Nel polverone di questa guerra asimmetrica è difficile orientarsi, impossibile soffermarsi sull'analisi quando paura, interesse e rabbia gridano le loro ragioni e, oltretutto, il tenore tecnico del contendere riduce al minimo il margine del giudizio informato. Compromessa la possibilità di conoscere, occorre allora un criterio restaurativo della conoscenza possibile, un criterio gerarchicamente superiore e quindi epistemico. Se l'acqua è torbida, bisogna attingere alla fonte. Una definizione autorevole e antica di questo criterio si trova nel Vangelo di Matteo, quando il Maestro spiega ai discepoli come smascherare i «falsi profeti»:

    Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dalle spine, o fichi dai rovi? Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni. Ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco. Dai loro frutti dunque li potrete riconoscere (Mt 7,15-20).
    Su questa verità poggia ogni altra verità. Non ci è dato conoscere le cose nella loro essenza, ma solo riconoscerle risalendo a ritroso dai loro fenomeni. Definiamo i sostantivi dai loro predicati: i composti chimici da come reagiscono, gli oggetti da come ci appaiono, il pensiero da ciò che si dice e si fa ecc. Confezioniamo così modelli e tassonomie dell'inconoscibile «scatola nera» (Watzlawick, Pragmatica della comunicazione umana) in cui si nasconde la realtà «reale», e quindi anche le scienze, le cui leggi sono vere se i frutti dell'osservazione combaciano con l'albero delle ipotesi «e non con testi e nude autorità, perché i discorsi nostri hanno a essere intorno al mondo sensibile, non sopra un mondo di carta» (Galileo, Dialogo sopra i due massimi sistemi). Il sermone evangelico estende il principio anche al dominio morale affinché valga per giudicare le intenzioni degli uomini: siccome «tu solo [Dio] conosci il cuore di tutti i figli degli uomini» (I Re 8,39), ai mortali tocca indovinare l'albero del cuore considerando i frutti delle azioni. Chi vuole il bene non farà il male, da chi fa il male non verrà un bene.

    La vicenda del passaporto verde e del suo intento sotteso, di «accelerare le vaccinazioni e farne fare di più» (così Paolo Mieli, tra i tanti), si presta molto bene alla prova evangelica perché il suo beneficio si declina nel tempo futuro della promessa, appunto di una «profezia» non ancora realizzata ma i cui frutti pendono già maturi dal ramo. Da questi ultimi si deve oggi riconoscere l'albero, se è buono o se va «tagliato e gettato nel fuoco». Proviamo a esaminarlo qui, ramo per ramo.

    Primo ramo: la tutela della salute. Per l'Organizzazione Mondiale della Sanità la salute è «uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplice assenza di malattia» (Costituzione dell'OMS, 1946). Una discriminazione volta a limitare il godimento di alcuni diritti costituzionalmente ordinati, o una campagna denigratoria di vasta eco dove chi esprime una certa scelta diventa pubblicamente un «sorcio», un «pazzo» o un «criminale» sono evidentemente lesive del «benessere sociale», e quindi della salute. L'angoscia di chi ha perso o perderà il lavoro, lo stigma, la vergogna, il risentimento, l'emarginazione, il conflitto sono evidentemente lesivi del «benessere mentale», e quindi della salute. La mancanza di reddito e la crisi di alcuni settori economici sono evidentemente lesivi del «benessere fisico» se non proprio della sussistenza, e quindi della salute. La sospensione di migliaia di medici e di altri operatori sanitari mina proprio l'«assenza di malattia», e quindi la salute anche nella sua accezione più elementare. Quindi no, anche escludendo i danni più controversi, eventuali e specifici dei trattamenti prescritti, ciò che nuoce già così gravemente alla salute non la può anche tutelare.

    Secondo ramo: ne vale la pena. Nei bollettini epidemiologici italiani si legge che da quando le coperture vaccinali hanno superato soglie significative, i decessi attribuiti alla malattia non sono diminuiti ma anzi aumentati rispetto allo stesso periodo del precedente anno «pandemico», pur caratterizzato da meno restrizioni e dall'assenza di vaccinazioni. Lo stesso nesso è stato osservato nella conta dei contagi su scala globale (cfr. l'ultimo studio di Subramanian e Kuman, European Journal of Epidemiology). Senza trarre altre conclusioni, previsioni o interpretazioni, osserviamo galileianamente che la robustezza dei frutti promessi «nel mondo di carta» è assai lontana da quella dei frutti osservati nel «mondo sensibile».

    Terzo ramo: la libertà. Che i provvedimenti in parola servano a ripristinare le libertà perdute negli ultimi mesi è fattualmente falso in senso assoluto, perché al contrario introducono limiti al godimento dei diritti sociali e civili. Ma lo è anche in senso relativo, perché i nuovi limiti non escludono né sostituiscono i precedenti. In questa torsione che tanto sembra parafrasare un celebre motto orwelliano, ricorre la solita fallacia discronica dell'albero della profezia (saremo più liberi) che produce frutti a sé opposti (siamo meno liberi).

    Quarto ramo: un «atto d'amore». Così Papa Francesco ha definito la nuova vaccinazione, caricandola di un'aura anche spirituale. Il segretario generale della Fraternità San Pio X, roccaforte dell'ala tradizionalista cattolica, ha rilanciato l'idea in modo più contorto argomentando che sì, «le condizioni attuali possono essere considerate abusive, così come la pressione che viene esercitata per imporre la vaccinazione», ma proprio in virtù di queste condizioni «può accadere che l'obbligo di compiere un dovere di carità ci spinga ad accettare di essere vaccinati». È buffo osservare che tra i tanti frutti portati dall'albero di questi amorevoli precetti, i più evidenti siano invece proprio quelli dell'odio. Di un odio feroce come può esserlo quello che prepara le purghe e le guerre civili, che fa desiderare in pubblico l'annientamento dell'avversario.

    Del resto, quanto amore può esserci in un dispositivo consapevolmente congegnato come una vessazione e un ricatto? E se la prospettiva di perdere il lavoro e la retribuzione spaventa soprattutto chi non può farne a meno, quanto è amorevole infierire sui più bisognosi? Nel catechismo della Chiesa cattolica non si parla di iniezioni, in compenso il peccato di opprimere i poveri è tra i quattro che gridano vendetta al cospetto di Dio. In un famoso commentario del 1963, padre Carlo Dragone lo descriveva con una precisione che oggi sembra profetica:

    Chi abusa della sua forza fisica o morale, della sua autorità e della posizione sociale per opprimere gl’indifesi, per imporre la sua volontà ed estorcere quello che vuole, pecca gravemente contro il comandamento dell'amor del prossimo, rende insopportabile la vita, già dura per se stessa, specialmente per i poveri. Quanti politicanti e quanti ricchi possidenti si rendono colpevoli di questo peccato, dicendo e facendo credere che procurano il bene del popolo, che tutelano gl’interessi delle classi umili e dei lavoratori, speculando sulla loro miseria e vivendo del loro sangue!
    ***

    Non c'è nulla di irrazionale nel dubitare della bontà di una cosa che fa male a così tanti livelli. Nulla di illogico nelle parole della consigliera veneta che valutava di vaccinarsi «ma l'aggressività e la coercizione che adottate sono così abnormi che ho deciso che non mi vaccinerò per nulla al mondo». O dell'insegnante altoatesino che rispondeva ai microfoni della televisione: «se mi costringono e dicono ah, io ti procuro la morte economica se non ti fai vaccinare, allora è un indizio che è sbagliata la tesi». Nulla di irragionevole nel diffidare di un'offerta che non si può rifiutare: è solo l'applicazione di un criterio naturale e anche divino. Assurda è piuttosto l'idea contraria, che sia scaltro respingere sempre e comunque le apparenze e che l'immaginazione conti più dell'esperienza, col risultato di rendere indifferentemente plausibile ogni cosa, anche che l'uva cresca dalle spine e i fichi sui rovi.

    Triste è il destino di una civiltà che non crede più ai suoi occhi e alle sue orecchie, «ingiunzione essenziale e definitiva» del governo distopico e violento immaginato da George Orwell. Che baratta la propria autonomia cognitiva con la promessa pelosa di elevare i semplici sui semplici stipando loro la bocca di verità controintuitive, strategie di lungo termine, arcani retroscena, latinorum scientifici, false correlazioni, garbugli logici e ideologici. Un'equazione irrisolvibile ammette tutte le soluzioni e per un popolo che crede a tutto, tutto è lecito. Eccoci al punto di questo e di qualunque altro copione. Mettere insieme i frutti con l'albero pareva dunque ovvio, pareva non dovesse scomodarsi Nostro Signore per dircelo. Invece è l'unica rivoluzione utile, urgente, possibile.
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    Fonte: Thomas Fazi

    Da domani milioni di lavoratori rischiano di rimanere senza stipendio e/o lavoro (o di dover sborsare 200-300 euro al mese) per il semplice fatto di aver esercitato una libera scelta consentita dalla legge: cioè quella di non vaccinarsi. Una libera scelta - tra l'altro - che non ha nessuna ripercussione sul prossimo.
    In primis perché - come ci ricorda l'ANMA, l'associazione nazionale dei medici d'azienda - «allo stato attuale, la possibilità di contagiare e di contagiarsi sussiste indipendentemente dalla condizione vaccinale e/o dal possesso del green pass», e dunque un non vaccinato non rappresenta un rischio apprezzabilmente superiore per un vaccinato di un altro vaccinato. L'ultimo studio in materia ci dice che la contagiosità dei vaccinati, nella più ottimistica delle ipotesi, scende praticamente allo stesso livello dei non vaccinati nel giro di un paio di mesi - mentre il green pass ha una validità di 12 mesi. E questo senza considerare l'uso della mascherina al chiuso, che realisticamente riduce ulteriormente lo scarto già minimo.
    Da ciò ne consegue, come dice Crisanti, (1) che «il green pass non può assolutamente essere considerata una misura di sanità pubblica perché non crea ambienti sicuri e anzi incoraggia di fatto comportamenti che possono favorire la trasmissione»; e (2) che l'unica misura che garantisce veramente la sicurezza dei lavoratori è la disponibilità di tamponi gratuiti per tutti, indipendentemente dallo stato vaccinale (cioè esattamente quello che il governo ha ripetutamente negato nonostante le richieste dei sindacati).
    E in secundis perché la netta maggioranza dei non vaccinati (oltre il 90 per cento) rientra ormai nelle fasce di età che hanno rischio di complicazioni gravi e/o di morte bassissimo o prossimo allo zero, quindi il rischio che la scelta di taluni di non vaccinarsi possa ripercuotersi sulla comunità sotto forma di saturazione del sistema ospedaliero è anch'esso prossimo allo zero - da cui si evince anche l'assurdità della posizione di quelli che sono contro il green pass ma vorrebbero l'obbligo vaccinale.
    A questo punto la scelta del governo di insistere sulla strada dell'obbligo di green pass per tutti i lavoratori - una misura, lo ricordiamo, che non ha equivalenti in nessun altro paese occidentale - appare talmente irrazionale dal punto di vista epidemiologico che dobbiamo necessariamente ipotizzare che il green pass non sia (solo) un mezzo per obbligare surrettiziamente la gente a vaccinarsi - obiettivo comunque clamorosamente fallito, visto che i tassi di vaccinazione giornaliera sono crollati in seguito all'introduzione del green pass: a quanto pare la gente non apprezza di essere bullizzata e ricattata dallo Stato - ma anche e forse soprattutto un fine in sé e per sé, che ha l'obiettivo di dividere la classe lavoratrice e creare quello stato di emergenza permanente (in assenza di qualsivoglia emergenza reale dal punto di vista sanitario) necessario per portare avanti il violento processo di ristrutturazione capitalistica di Draghi - e la guerra al lavoro che esso comporta - e reprimere qualunque opposizione (vedasi per esempio l'annunciata stretta sui cortei).
    Anche per questo la scelta dei portuali di Trieste (Clpt Trieste: seguiteli e sosteneteli) di proseguire con la protesta finché non sarà eliminato l'obbligo di green pass per tutti i lavoratori rappresenta un gesto di solidarietà di classe importantissimo. Oggi la lotta contro il green pass non è una distrazione rispetto ad altre questioni "più importanti" - salario, diritti, sicurezza ecc. - ma al contrario, proprio perché riguarda tutti, può rappresentare anzi la scintilla fondamentale per riaccendere una coscienza di classe tra i lavoratori.
    Vuoi vedere che forse stavolta il migliore ha fatto male i conti?
6572 replies since 20/8/2004
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